CasaPound, Di Stefano: il programma? Stop a immigrazione e via dall’Europa
I temi etici, l’Europa, la sovranità politica e monetaria, i rapporti con il centrodestra. Intervistato dal Corriere della Sera, Simone Di Stefano parla della linea programmatica di CasaPound Italia. È la prima intervista sulla grande stampa nazionale nella nuova veste di segretario nazionale del movimento, incarico che Di Stefano ha assunto un paio di giorni fa. Ma questo non è l’unico inedito della conversazione: oltre all’immancabile “processo” sul fascismo a Di Stefano vengono rivolte domande di politica, quelle stesse che domenica scorsa, nel corso di In 1/2 in più, Lucia Annunziata aveva apertamente detto di non avere interesse a fare.
Le domande sul fascismo
È dunque vero, come chiede il cronista del Corsera, che è avvenuto lo “sdoganamento”?. «Siamo stati sdoganati dai risultati elettorali, da Ostia a Bolzano, da Lucca a Lamezia Terme», chiarisce Di Stefano, ricordando che tra gli ospiti di via Napoleone III ci sono stati anche Paola Concia e Valerio Morucci, perché «siamo per il dialogo». Ne segue un lungo botta e risposta sul fascismo, che per il cronista è paradossale accostare all’attitudine al dialogo. Di Stefano rivendica di essere fascista, «siamo gli eredi – dice – della tradizione che dopo Rsi e Msi è stata interrotta da An». Il cronista lo incalza con il tema della dittatura, il segretario di CasaPound ammette lo «Stato totalitario», ma aggiunge che «ci ha lasciato la tredicesima, il Tfr, la cassa integrazione». Partono le domande sulle leggi razziali. «Un reato gravissimo, un errore», replica Di Stefano, ricordando gli ebrei che avevano aderito al fascismo e spiegando che «ora ci dovrebbe essere un legame più forte tra la comunità ebraica e l’Italia». E ancora, prima di passare alla politica, Di Stefano deve passare per il saluto romano del calciatore di Marzabotto («Non mi sembra il problema più grave della nazione», spiega, aggiungendo però che «sì, possiamo dire che è un gesto stupido e fuori contesto») e per l’adesione alla Costituzione, che per altro non è una dichiarazione nuova per i fascisti del Terzo millennio. Il segretario la ribadisce: «Cambierei solo – dice – il passaggio in cui si dice che dobbiamo dare asilo a tutti». Poi il tormentone del momento sugli Spada di Ostia, da cui «non possiamo prendere le distanze se non siamo vicini», e il tema della violenza, che «ripudiamo, ma se i centri sociali ci attaccano, ci difendiamo».
Possibilisti con il centrodestra
Ma alla fine arriva anche la politica, sia come temi etici sia come scelte programmatiche, e l’occasione per Di Stefano di far conoscere un po’ meglio il proprio movimento. Soprattutto, di farlo conoscere fuori dagli stereotipi. E, dunque, aborto, eutanasia, pena di morte: CasaPound riconosce che «chi vuole abortire deve poterlo fare gratis e in strutture pubbliche» e che il fine vita «non è il primo problema, ma chi si vuole togliere la vita deve poterlo fare», mentre dice no alla pena di morte, «con l’ergastolo – precisa Di Stefano – i criminali soffrono di più». Questioni enormi proposte nell’intervista in poche battute, ma sulle quali poi Di Stefano ha proposto anche un approfondimento sulla propria pagina Facebook. «Noi non siamo xenofobi», aggiunge ancora e il cronista replica che «sembra che ci voglia convincere che è di sinistra. E il fascismo?». «Ci sono troppi pregiudizi su di noi. Rivendichiamo l’eredità del fascismo, ma non vogliamo tornare indietro». E, dunque, CasaPound dove vuole portare l’Italia? A «diventare libera e forte», spiega Di Stefano, che alla richiesta di esporre due punti programmatici risponde «stop all’immigrazione e fuori da Europa ed euro» e alla domanda su Putin e Trump manifesta una simpatia per «entrambi». Ma, chiarisce, «a Trump chiederei la chiusura delle basi Usa in Italia». È però sull’ultima domanda che si chiude il cerchio dello “sdoganamento”: il cronista non chiede più se CasaPound sogni di entrare in Parlamento, ma se sogni «di andare al governo». E «con chi?». «Anche da soli. Ma se il centrodestra sarà in linea con le nostre idee, non mancherà il nostro appoggio esterno», risponde il segretario di Cpi.