Schiaffo alla Boldrini dalle dipendenti della Camera: no alle denominazioni di genere

9 Ott 2017 14:09 - di Mariano Folgori

Ha davvero il sapore della beffa la pioggia di ricorsi contro le denominazioni di genere volute dalla Boldrini per le dipendenti della Camera. Di che si tratta? Le donne che lavorano nelle segreterie o che ricoprono il ruolo di consigliere parlamentare devono esporre un badge su cui sia scritto “segretaria” o “consigliera”. E non più i neutri “segretario” o “consigliere”. Il 4 luglio scorso – come riferisce la Repubblica – l’Ufficio di presidenza della Camera ha emanato una delibera perché tutti gli atti amministrativi seguano la denominazione di genere. “Il che comprende la denominazione delle impiegate della Camera nei loro badge di riconoscimento”.

Non appena arriva la circolare attuativa, accade l’imprevisto: le dipendenti coinvolte dalla delibera cominciano a mugugnare e a lamentarsi. Partono quindi i ricorsi con le motivazioni più varie: dalla violazione della “privacy” di genere alla mancata trattativa sindacale, al carattere obbligatorio della disposizione. Insomma, una vera e propria rivolta che rappresenta un sonoro schiaffo per la Boldrini. E uno schiaffo per più di un motivo: primo perché azzoppa  un cavallo di battaglia della presidente, cioè la promozione della semantica di genere. Secondo perché tale reazione avviene proprio, per così dire, a “casa sua” . Evidentemente la Boldrini non è poi tanto amata entro le mura di Montecitorio. E non manca, tra i dipendenti della Camera, chi rimpiange i predecessori della presidente, da Fini a Casini e a Bertinotti.

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