Sanremo è lontano ma già partono bordate sui nomi (forse) in gara
Se c’è una cosa sulla quale agli italiani piace polemizzare è Sanremo. Manifestazione canora che sembra fatta apposta per creare polveroni più che per ascoltare buona musica. E così, appena si è spenta l’eco delle novità annunciate dal direttore artistico Claudio Baglioni, chiamato per non far rimpiangere gli ascolti totalizzati da Carlo Conti, si è già aperta con largo anticipo la discussione sui (possibili) partecipanti.
Poche le novità all’orizzonte, tanto che Massimo Del Papa su Lettera43 a proposito dei nomi che girano, ancora non ufficiali, parla di pietanze già troppo consumate. Nomi usurati, dunque, che non avranno in sorte il destino di risollevare i fasti dell’Ariston. “La biblica Noemi con un pezzo del “più bello che musicista” Tommaso Paradiso (Thegiornalisti), l’ancor più ineluttabile Anna Tatangelo, Deborah Iurato (spero, promitto e iuro, reggono Maria De Filippi di sicuro), Lele (ha vinto l’ultima edizione tra i giovani, sempre scuderia Amici, Maria De Filippi), il figliol discolo Lorenzo Fragola ringalluzzito dal tormentone estivo L’esercito del selfie con Arisa (vedi infra), Baby K, “cantante e rapper italiana”, ma bisogna chieder lumi a Wikipedia, i Decibel di bello riuniti, i misteriosi Urban Stranger, transitati per X Factor, pupilli di Fedez; dulcis in fundo, la rentrée dei trottolini amorosi Amedeo Minghi/Mietta (e i Jalisse, allora?)”.
E lo stesso vale per Renato Zero, Max Pezzali, Carmen Consoli, Marco Carta, Valerio Scanu, per le “eterne promesse” Dolcenera e Nina Zilli e per un eventuale ritorno di Fausto Leali e Marcella Bella. Il solito Sanremo. Già visto e rivisto. E del resto che si dovrebbe inventare per un Festival giunto ormai alla 86esima edizione? Difficile davvero innovare e ancora più difficile mettere d’accordo chi cerca canzoni di qualità e chi vuole mantenere (giustamente) il carattere nazionalpopolare dell’evento canoro.
“Una rifrittura – conclude dal suo punto di vista Massimo Del Papa – molto rappresentativa di Sanremo, ma assai poco della canzone d’autore (di autori di vaglia, pescati dalle nicchie, nemmeno l’ombra), e che per larga parte fa rimpiangere, quanto a vivezza, il glorioso Museo delle cere alla Stazione centrale di Milano. Naturalmente, il conducente coraggioso Claudio Baglioni sarà poi indotto a giurare che trattasi di Festival di qualità…”.