“Pull a pig”, parla l’esperta: «E l’ultima frontiera del bullismo contro le ragazze»

13 Ott 2017 19:34 - di Redazione

“Pull a pig”: se ne parla dopo la vicenda, rilanciata dai media britannici, della ragazza inglese sedotta e umiliata da un coetaneo olandese conosciuto a Barcellona. I ragazzi lo definiscono uno scherzo, ma altro non è che un altro modo di bullizzare per gioco. «Nessuna nuova moda», chiarisce subito Maura Manca, presidente dell’Osservatorio nazionale adolescenza. Che spiega: «Pull a pig, letteralmente significa “inganna un maiale” ed è una pratica che oggi viene erroneamente lanciata come nuova moda e vede un gruppo di amici fare a gara per riuscire ad avvicinare una ragazza, considerata poco avvenente o meglio la più brutta, con lo scopo di farle credere di essere interessati a lei, conquistarla e magari portarla a letto per poi umiliarla dicendole che si trattava tutto di uno scherzo». Esattamente quello che è accaduto a Sophie, la ragazza inglese che volata ad Amsterdam per rivedere il “suo Jesse” si è vista invece arrivare un messaggio con su scritto: «Sei stata “pigged”».

Pull a pig e il fallimento educativo 

«Ovviamente – continua Manca – raggiunto lo scopo del gioco ci si sente ancora più forti davanti al proprio gruppo di amici complici, si rinforza il proprio ruolo, si ha la sensazione di essere riusciti a dominare l’altra persona e di averle fatto fare tutto ciò che ci si era preposti di farle fare considerandola un oggetto di divertimento, un gioco per ridere, prendendosi gioco di un’altra persona, senza un briciolo di empatia. È indubbio – prosegue – che chi ha bisogno di sentirsi forte dietro uno schermo, davanti ad un gruppo, con una persona psicologicamente più fragile e con meno strumenti per difendersi, sta mostrando le proprie fragilità, l’assenza di senso morale». Sono vittime anche loro, «ma di un fallimento educativo: non ragionano sulle conseguenze delle proprie azioni».

Prese di mira le ragazze in sovrappeso

Vengono prese di mira le ragazze più brutte o in sovrappeso «come se solo per questo meritassero di essere maltrattate o umiliate –aggiunge Manca – È vero che in questo “gioco crudele” il gruppo rinforza questi specifici comportamenti, ma nell’assenza totale di educazione alla affettività per questi ragazzi la persona presa di mira, è come se non avesse emozioni e sentimenti, ma diventi un oggetto di cui poter fare quello che si vuole: viene valutata solamente per il proprio aspetto estetico, come se tutto il resto perdesse di valore. Lo considerano un gioco e viene pubblicizzato come tale, ma si tratta di prevaricazione, di violazione perché si approfitta dei sentimenti, dell’ingenuità, della sensibilità di un’altra persona – sottolinea la psicoterapeuta – Addirittura si è arrivati a far prendere treni, aerei, a far affrontare dei viaggi della speranza per poi accorgersi di essere caduti nella rete dei bulli. Tutto questo viene anche documentato e diffuso attraverso le chat e l’umiliazione viene moltiplicata per il numero di condivisioni, di commenti e di offese. Nel momento in cui si vorrebbe dimenticare, si vorrebbe voltare pagina, si diventa lo zimbello di turno e ogni volta quelle risatine, quei messaggi, quelle prese in giro, fanno male come la delusione iniziale». L’assurdità,  continua l’esperta,  «è che non è un nuovo fenomeno, ma a quanto pare è una fase storica in cui piace rendere virale ciò che non sarebbe proprio il caso di mostrare rischiando di contribuire a lanciare nuove mode tra i ragazzi. Ci piace etichettare ogni fenomeno con dei nomi anglofoni che suonano molto bene, che sono attraenti, che sono facilmente spendibili sui social network e che sono utilizzabili sotto forma di hashtag, senza vedere che la matrice del problema è legata al cyberbullismo e che è nota purtroppo già da numerosi anni». Da un punto di vista psicologico «c’è una sopraffazione intenzionale, c’è una vittima, ci sono i social e le chat e c’è un meccanismo che distrugge una persona, che intacca profondamente la sua autostima e la sicurezza in sé. Il riconoscimento degli altri, l’approvazione dei coetanei è fondamentale soprattutto in adolescenza e nella giovinezza. Venire umiliati in quel modo, sia da un punto di vista psicologico che fisico, significa essere distrutti moralmente», spiega Manca.

Pesa anche la pressione sociale

«La bellezza, purtroppo, è considerata un valore. Se si rispecchiano i canoni estetici si è socialmente accettate, altrimenti si rischia di diventare bersaglio di derisioni e sopraffazioni dei compagni. Per questa ragione si ritoccano le foto prima di pubblicarle, si cerca sempre di apparire “perfette” e di omologarsi a quei canoni di sicurezza e si tende a considerare “diversi” coloro che non rispecchiano queste tendenze». Quando si è vittima di queste forme di bullismo, «si arriva a darsi una colpa, ad odiare il proprio corpo e il proprio aspetto estetico, ci si accusa anche di essere stupide e credulone per essere cadute nella trappola dei cyberbulli». Tutto questo ha delle conseguenze molto importanti sul piano psicologico: ci sono ragazze che diventano anoressiche, altre sono arrivate ad autolesionarsi  «attaccando quel corpo individuato come “causa” di tutti i loro problemi», altre ancora che si chiudono a riccio nella propria sofferenza condizionando profondamente anche le future relazioni. «Farei quindi molta attenzione prima di definire gioco ciò che fa del male ad una persona», conclude la presidente dell’Osservatorio nazionale adolescenza.

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