Per le vittime di violenza sessuale l’elemosina: ecco come se la cavano gli stupratori

22 Ott 2017 13:05 - di Alberto Consoli
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Stupratori invisibili, nullatenenti? Le vittime se ne facciano una ragione. Beffate, umiliate, non ci sono più aggettivi per le vittime di stupri, nel nostro Paese. Quella data dallo Stato alle vittime come risarcimento è una vera elemosina, quasi offensiva. Si tratta dei risarcimenti per chi ha subito violenze da parte di aguzzini e stupratori che risultino nullatenenti, condizione in cui si trova la maggior parte dei balordi in questione, condizione-base in cui versano soprattutto gli immigrati che si rendono colpevoli di atti violenti e stupri, come sappiamo. Ce lo ricorda La verità.
Il quotidiano online di Maurizio Belpietro riporta il decreto attuativo della legge 122 del 2016 pubblicato in gazzetta ufficiale. Una direttiva europea (la 80 del 2004) impone agli Stati membri di creare un fondo per finanziare i risarcimenti per i reati commessi da sconosciuti o insolventi. Sarà allora lo Stato a risarcire le vittime e i familiari, qualora l’aggressione sia finita in tragedia. “Situazione ricorrente – spiega La Verità – quando a commettere il crimine sono immigrati clandestini, che per lo Stato risultano nullatenenti se non invisibili”.

Le cifre della beffa

E quanto vale per lo Stato la vita di un parente? Solo 7.200 euro. E uno stupro? Meno di 5mila, per la precisione 4.800 se allo stupratore non vengono riconosciute le attenuanti. Se invece ci sono le attenuanti, allora la vittima di una violenza sessuale non può sperare di ottenere più di 3mila euro. Se invece l’omicidio viene commesso da un coniuge, allora la cifra è di appena 8.200 euro e finisce, ovviamente, ai figli della (ex) coppia”. Come un soldo bucato.

La beffa di simili cifre si spiega perché il fondo è stato finanziato solo con 10 milioni di euro. Non solo ma l’assurdo fa anche da corollario, perché nel caso del ragazzo di Terni sgozzato da un immigrato, lo Stato aveva negato un risarcimento perché troppo “ricco”. La prima formulazione della legge, infatti, prevedeva il pagamento dell’indennizzo non solo se il killer fosse indigente, ma anche la vittima doveva “avere i requisiti” per essere attenzionata dallo Stato, ossia doveva avere un reddito inferiore ai 11.500 euro lordi all’anno (700 euro al mese). Una follia.

Trovano i soldi per lo ius soli e poi…

L’associazione Unavi, presieduta da Federica Pagani Raccagni, promette battaglia e spiega a La Verità: “Trovano soldi per tutto e non li trovano per le vittime come mio marito, ucciso durante una rapina in casa da quattro clandestini. E adesso, con questo decreto, il governo mi vorrebbe dare 7.200 euro come indennizzo? È assurdo che la proposta arrivi da uno Stato che avrebbe dovuto proteggermi come cittadina italiana impedendo che i quattro, con precedenti penali e irregolari, fossero ancora nel nostro Paese a seminare morte”. Come non darle ragione?

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