Le accuse a Hillary: finanziò il dossier anti-Trump sui rapporti con la Russia

25 Ott 2017 19:34 - di Paolo Lami

Una parte del dossier sui presunti legami tra Donald Trump e il suo entourage da una parte e la Russia dall’altra fu pagata dallo staff della campagna elettorale di Hillary Clinton e dal partito democratico statunitense. La “bomba” è del New York Times che cita il portavoce di uno studio legale che lo scorso anno assunse, a Washington, alcuni “investigatori privati” per raccogliere informazioni per conto dell’ex-first lady, allora candidata alla Casa Bianca.

«Sciocchezze», reagisce con sprezzo Hillary Clinton liquidando, così, in una intervista a C-Span, i sospetti su di lei nel cosiddetto “Uranio-gate“, il presunto scandalo su cui vuole indagare ora la Commissione intelligence della Camera.

Nessuna reazione invece alla notizia che la sua campagna e il partito democratico avrebbero finanziato il dossier sui presunti legami tra Donald Trump e la Russia, anche se la fonte che l’ha rivelata ha precisato che né la campagna di Hillary né il partito democratico erano direttamente a conoscenza che lo studio legale Perkin Coie, che li rappresentava, aveva ingaggiato una società per trovare notizie che potessero screditare Trump.

Il dossier era stato compilato, ricorda il Nyt, da una ex-spia britannica ingaggiata dalla società di ricerca Fusion GPS di Washington, un’azienda specializzata nell’intelligence strategica e che basa il suo lavoro su ricerche di tipo open source, fondata da un giornalista investigativo, Glenn R. Simpson e da due colleghi del Wall Street Journal, fra cui l’ex-direttore della prestigiosa testata, Peter Fritsch.

La Fusion Gps ha un precedente particolarmente delicato: furono i suoi analisti, sempre ingaggiati dai democratici, a fare ricerche su Mitt Romney. Stavolta la vicenda è emersa dopo che un Tribunale ha sollecitato la Fusion Gps a spiegare chi c’era dietro la richiesta di costruire un dossier contro Trump e i suoi rapporti con la Russia. Ed è stato così che lo studio legale Perkin Coie si è visto costretto a consegnare una lettera nella quale è spiegato per filo e per segno come sono andate le cose e autorizza Fusion Gps a svelare che quando, nel marzo 2016, i vertici di Gps e dello studio legale si incontrarono, quest’ultimo stava rappresentando – pagato, per questo, 12,4 milioni di dollari – gli interessi del Democratic National Committee, cioè del partito democratico, e dell’HFACC Inc., cioè “Hillary for America“.

Fusion GPS incaricò, a quel punto, l’ex-spia britannica Christopher Steel, che vantava una notevole esperienza di “lavoro” in Russia, di fare ricerche sulle connessioni fra Trump, le sue imprese, la squadra della sua campagna elettorale e la Russia. Ne scaturì un documento di 35 pagine chiamato “Steele Dossier” che sosteneva vi fosse una cospirazione tra la campagna elettorale di Trump e il governo russo per influenzare le elezioni del 2016.

Ora, venuta alla luce tutta la faccenda, c’è una corsa di tutto lo staff della Clinton a prendere le distanze dall’imbarazzante questione, dall’ex-spia Christopher Steel, dalla Fusion Gps e dallo studio legale Perkin Coie.

 

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