It domina al cinema: le differenze tra il film e il capolavoro di Stephen King
Il più famoso romanzo di Stephen King torna con una nuova trasposizione dopo 27 anni, lo stesso lasso di tempo in cui It ritorna ciclicamente a seminare il terrore. Questa versione diretta da Andrés Muschietti, peraltro divisa in due capitoli (la seconda parte è prevista per settembre 2019) consiste nel primo vero adattamento cinematografico. Infatti l’«It» del 1990 non è un film, cosa che buona parte del pubblico ignora, ma una miniserie televisiva. Proprio per questo risulta molto limitata e non all’altezza dell’opera di King, considerando anche la diversità delle opere televisive di quel periodo rispetto all’evoluzione raggiunta nei nostri giorni. Quindi il nuovo It non deve essere considerato un remake, né rientrare di conseguenza nel continuo riciclo di idee dell’hollywood odierna.
Nella cittadina di Derry del 1989 avvengono numerose sparizioni di bambini. La causa di tutto è It, una creatura mutaforma capace di utilizzare le paure della gente per manifestarsi. Un gruppo di sette ragazzini, autodefinitisi «I Perdenti», dopo essersi scontrati più volte con It, nella sua forma principale del clown Pennywise, decidono di liberare una volta per tutte la città da questa minaccia, presente ormai da secoli.
L’attesa per il film era molta, sin dall’uscita dei trailer, capaci di infrangere record di visualizzazioni. Record superati poi anche per il box office Usa, dove è diventato l’horror con l’incasso più grande di sempre. La curiosità maggiore era naturalmente per Pennywise, considerando quanto il precedente, interpretato da Tim Curry, era riuscito ad entrare nell’immaginario collettivo e a spaventare la generazione nata e cresciuta nei ’90. Il clown interpretato da Bill Skarsgard però non soddisfa le aspettative, più per scelte di scrittura che per l’interpretazione del giovane attore svedese. Nonostante un look perfetto la caratterizzazione di Pennywise si basa su urla e apparizioni improvvise, insieme ad una andatura ciondolante e contorta, ed elimina la parlantina e l’aspetto giocoso, probabilmente per differenziare particolarmente la nuova versione. Così la parte horror si riduce quasi esclusivamente a meri jumpscare (il salto dalla sedia per un colpo a sorpresa).
Il film, e Pennywise, spaventano ma non trasmettono inquietudine e angoscia nello spettatore, mancanza a cui non sopperisce l’utilizzo di inquadrature sghembe e sbilenche. Molto più efficaci sono le sequenze in cui It gioca con le paure e le emozioni dei bambini, grazie alla possibilità di trasformarsi, caratteristica del mostro su cui la pellicola si sofferma spesso.
L’ambientazione della storia invece è molto curata. Derry e i suoi abitanti rappresentano le contraddizioni della provincia americana (e della società in generale). Dietro a una facciata rassicurante e perbenista si nascondono tanti sentimenti e comportamenti negativi, sia negli adulti che nei più giovani. Su questi ultimi pesa inoltre un rapporto spesso complicato con i propri genitori, causa di incomprensione e solitudine. Questo permette a It di agire liberamente, sfruttando a proprio vantaggio le tensioni in città. Non a caso sono solo dei bambini emarginati a voler combattere il male che li circonda. Ognuno di loro ha qualche connotazione considerata un «difetto» causa di discriminazione: obesità, balbuzie, religioni e pelle diversa.
I protagonisti e il loro carattere pertanto sono ben rappresentati, tolta qualche eccezione, anche se i rapporti tra loro potevano essere approfonditi ulteriormente. Un altro limite della pellicola è infatti un mancato equilibrio, soprattutto dalla metà del film, tra l’aspetto horror e i temi citati finora, capaci di rendere la storia più che un semplice monster movie. Molte poi sono le citazioni per i fan del romanzo, ma anche per chi è rimasto legato alla miniserie tv. It resta nel complesso un buon adattamento, in cui sicuramente poteva essere fatto qualcosa di più. Inoltre traspare la volontà di raccontare la complessità e le sfumature del capolavoro di King, con svariate differenze funzionali a dare al film una propria indipendenza e personalità.