Giornalista giapponese morta di superlavoro: 159 ore di straordinario in 1 mese

7 Ott 2017 9:49 - di Prisca Righetti

Morire di superlavoro: la drammatica storia della giornalista giapponese Miwa Sado dimostra non solo che è possibile, ma anche spietatamente facile. Almeno nel Sol Levante. Il caso della giovanissima reporter stremata dopo 159 ore di straordinario realizzate in appena un mese con appena due giorni di riposo, e spirata dopo aver eseguito gli incarichi a lei assegnati di copertura dei servizi sulle  elezioni locali di Tokyo e le elezioni della Camera alta del 2013, s’inquadra in un momento di forte attenzione da parte dell’opinione pubblica nipponica sul tema del “karoshi”. Un tema che il Giappone tutto si ritrova costretto ad affrontare dopo che si sono ripetuti una serie di casi come quello della giornalista morta di superlavoro, particolarmente atroci.

Giornalista morta di superlavoro

«Il mio cuore si spezza ogni volta che penso che avrebbe potuto chiamarmi», ha detto la madre della 27enne reporter al quotidiano locale Asahi shimbun, rinnovando l’attenzione sul caso della figlia e  riaccendendo i riflettori su una realtà – quella del superlavoro che può rivelarsi fatale per chi vi è sottoposto – costata la vita a giovani promettenti. Talenti in erba che, sottoposti a un tour de force inimmaginabile, non hanno retto alla stanchezza fisica e allo stress psicologico. «Con la morte di Miwa, io mi sento come se metà del mio corpo sia stato portato via. Non sarò più capace di ridere per il resto della mia vita», ha detto ancora la mamma della giornalista morta su superlavoro, in servizio presso la prestigiosa televisione pubblica giapponese Nhk  fino al luglio 2013 quando la sua vita si è arresa alla fatica da superlavoro, 3 giorni dopo che la report aveva firmato il suo ultimo servizio.

Il “mea culpa” dell’emittente

Oggi la Nhk ha promesso che le circostanze che causarono la morte di Miwa (159 ore di straordinario in un mese) non si ripeteranno e che l’emittente è decisa a modificare le sue pratiche, e in un attesa mea culpa, i vertice della rete hanno ammesso: «La morte di Miwa Sado fu un caso di karoshi». Ovvero, un caso di eccesso di lavoro. di superlavoro che uccide.

 

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *