Scabbia al campo rom di Castel Romano: c’è il rischio di contagio

20 Set 2017 10:01 - di Redazione

Allarme scabbia. Decine di bimbi piccolissimi con le gambe, le braccia e il busto ricoperti da pustole rosse. Il  campo nomadi di Castel Romano, tra Roma e Pomezia, da sempre fuori contrllo, sarebbe in corso una vera e propria epidemia di scabbia. La notizia è stata data dal Messaggero, poi rimbalzata sui vati siti on line. Che il l campo rom di Castel Romano fosse un vero inferno – topi, fogne a cielo aperto, scarafaggi e bambini che circolano tra i liquami- era noto purtroppo a tutti. Ora l’epidemia di scabbia è l’elemento deflagrante di una situazione insostenibile. A lanciare l’allarme scabbia sarebbero stati gli stessi nomadi durante un blitz degli agenti del Servizio Pubblico Emergenziale della Polizia Locale per il controllo dei moduli abitativi e il censimento degli abitanti. «I contagiati, tra adulti e bambini, sarebbero molti. E c’è il rischio che la malattia si estenda anche oltre i confini del campo che ospita circa mille persone. “Un rischio concreto”, assicura a ilGiornale.it Marco Milani, coordinatore romano del sindacato Ugl-Polizia locale, “perché la scabbia è altamente infettiva e il campo è servito da sette o otto navette scuolabus che accompagnano i bimbi nelle scuole dei dintorni”.

Agenti aggrediti

I rom attribuiscono la diffusione della malattia alla mancanza d’acqua e alle scarse condizioni igieniche dell’insediamento. Nel campo manca un presidio sanitario fisso. “Nel 2015 – spiega Milani – la Asl ha richiesto al Comune di Roma di istituirlo, sia per la presenza di insetti, roditori, sia per la diffusione di malattie infettive tra gli ospiti dell’accampamento, ma il Campidoglio non ha mai ottemperato”. Gli agenti, anche a causa delle recenti aggressioni subite ogniqualvolta hanno tentato di entrare nel campo rom nel campo, hanno operato muniti di corpetto antiproiettile. «Purtroppo equipaggiamenti, formazione e tutele contrattuali e previdenziali, rimangono un vulnus, per un Corpo sempre più in prima linea – spiega Marco Milani – in un contesto di sicurezza urbana profondamente mutato nella nostra società e nelle nostre metropoli».  Il sistema fognario nel campo di Castel Romano  è inesistente. “Nonostante il Comune di Roma spendesse 160mila euro l’anno per la loro manutenzione – prosegue il sindacalista – i depuratori presenti nell’insediamento non hanno mai funzionato”.

Situazione ingestibile

Leggiamo sul Giornale che «nel febbraio scorso, questi sistemi, che insistevano nella parte del campo di proprietà di Salvatore Buzzi, figura di spicco nell’inchiesta di Mafia Capitale, sono stati sequestrati. A sostituirli sono arrivate due cisterne per la raccolta delle acque nere. Il costo per il Comune è di “5mila euro al giorno”. Ma le strutture non sono sufficienti. L’acqua, poi, non c’è sempre.  A volte, manca per ore ed ore – spiega il sindacalista nel suo racconto raccapricciante– e quando il flusso riprende viene erogata in forma ridotta”. Nei periodi in cui l’acqua non viene distribuita dai vigili  con autocisterne e bottigliette di acqua minerale. Ma non sempre l’acqua riesce a raggiungere tutti gli abitanti del campo. Qui entrano in gioco, le guerre tra clan, che finisce col rendere espolsiva la situazione. In due occasioni, alcuni capi clan hanno tentato di appropriarsi della fornitura, minacciando gli altri nomadi e gli stessi vigili. Insomma, un inferno. La piaga delle faide interne complica la situazione enormemente. La guerra tra famiglie rivali ha portato all’incendio e alla devastazione di decine di moduli abitativi. Dopo un periodo di relativa calma, queste tensioni sembrano essere riemerse. In tutto questo, ora, l’emergenza scabbia che avanza. Il sindacato di polizia locale chiede  che gli agenti siano messi in condizione di operare in sicurezza, con guanti e corpetti anti-taglio per resistere alle sassaiole e alle aggressioni dei rom, e con dispositivi sanitari di protezione individuale per trattare gli ospiti affetti da malattie infettive. La situazione resta ingestibile, al momento, il che grida vendetta dopo le reiterate denunce e segnalazioni. L’emergenza sanitaria è una bomba a orologeria.

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