San Gimignano, lite tra detenuti romeni: uno ammazza l’altro con uno sgabello

10 Set 2017 15:10 - di Martino Della Costa

Stavolta c’è scappato il morto: omicidio in cella nel carcere di San Gimignano e che delitto, violento, tragica degenerazione di una furia e di una brutalità che ha scatenato la lite, prima, generato una vittima, poi. Un morto, dunque, il bilancio del litigio tra due detenuti romeni del carcere di San Gimignano, ucciso a colpi di sgabello.

Lite tra detenuti: uno ammazzo l’altro con uno sgabello

“A seguito di un violento litigio tra due detenuti rumeni, uno ha ammazzato l’altro con uno sgabello di legno. Carceri sempre più ingovernabili”, ha denunciato non a caso il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, Sappe. ”Ieri sera dopo le 19 c’è stato un violento litigio tra due detenuti rumeni (entrambi condannati per omicidio) della Sezione media sicurezza del carcere”, spiega il Segretario Nazionale Sappe della Toscana Pasquale Salemme. ”Uno di loro, già conosciuto per il suo stato psicologico, ha impugnato uno sgabello di legno ed ha ammazzato l’altro recluso, colpendolo ripetutamente sul capo. Forse il pretesto del furioso pestaggio tra i detenuti è tra i più futili, ossia l’incapacità di convivere – seppur tra le sbarre – con persone diverse. O forse le ragioni sono da ricercare in screzi di vita penitenziaria o in sgarbi avvenuti fuori dal carcere. Fatto sta che l’uno ha ammazzato l’altro”.

Il Sappe: carceri sovraffollati e organici sottodimensionati

Un episodio che è sintomatico dello stato di crisi endemica in cui versano le nostre carceri. Donato Capece, segretario generale del Sappe, non ha caso è tornato a denunciare lo stato della situazione carceraria oggi: ”Il fatto che il detenuto omicida fosse seguito dal un gruppo di osservazione multidisciplinare per i casi psichiatrici e di autolesionismo la dice lunga. Questi sono soggetti che non possono stare in un carcere normale ed è stato sbagliato chiudere gli Opg: bisognava riformali, indubbiamente, ma non chiuderli”. Ma il problema è anche un altro, ed è quello che Capece torna a denunciare: “Il sistema delle carceri non regge più, è farraginoso. I vertici dell’Amministrazione Penitenziaria e del Ministero della Giustizia hanno smantellato le politiche di sicurezza delle carceri, preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali. E al Corpo di Polizia Penitenziaria servono almeno ottomila nuove unità per fronteggiare la costante emergenza carceri, che vede oggi in Italia il nuovo numero record di oltre 57.300 detenuti, con celle sovraffollate e tensione “a mille” (come dimostra il grave fatto accaduto a San Gimignano) a tutto discapito del lavoro dei poliziotti penitenziari”. Insoma, carceri sovraffollati per un corpo di polizia penitenziaria sempre più sottodimensionato a gestirle. E’ la solita equazione con la x dell’incognita che grava su effetti e risultati…

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