Il caso Mastella e il caos giustizia. Tutta colpa di un Parlamento distratto
Già, ora vallo a raccontare che Clemente Mastella è stato assolto dopo nove anni dall’accusa di concussione nei confronti di Bassolino cui avrebbe estorto, pensate un po’, la nomina in un’Asl, roba che non basterebbero tutte le galere italiane ad ospitare l’esercito di amministratori, politici e responsabili di partito che quotidianamente si macchiano di questo gravissimo reato di trattativa politica. E valli a convincere a quelli che un politicoindagatosidevedimettere tutto d’un fiato che in Italia non basterebbe un obelisco a contenere i nomi di ministri, onorevoli, imprenditori, pubblici funzionari e semplici cittadini permanentemente sfregiati da inchieste flop, utili solo alla carriera e alla popolarità del pm procedente e del giornalista che gli ha menato la grancassa. Sarebbe tempo perso. E sì, da tempo la giustizia è scomparsa dal radar della politica. Se ne occupano solo Travaglio sul Fatto Quotidiano e il ministro Orlando sulle note di un minuetto a colpi di dietrofront e passi di lato. Persino il Cavaliere, che un tempo non esitava a offrire il petto su lodi ad personam, prescrizioni lunghe e processi brevi, sembra renitente alla leva. Ai leoni delle rovinose campagne del tempo che fu preferisce la compagnia di agnellini da allattare. Peccato. Peccato perché ce ne sarebbero di perle con cui agghindare un Parlamento sempre più schiacciato sulla demenziale agenda grillina, da un lato, e sui diktat fuori sincrono di Repubblica, dall’altro. Un vero peccato, perché ci sarebbe da parlare delle sorprese che quotidianamente regala l’inchiesta Consip, dei veleni in circolazione nella Procura di Napoli, del risorto correntismo in seno al Csm ed altre quisquilie del genere. Ci sarebbe, insomma, da squarciare il velo che impedisce di denunciare solennemente che il protagonismo giudiziario di questa transizione infinita altro non è stato se non la continuazione della politica con altri mezzi. Una dopo l’altra, le vittime di quella stagione stanno ritornando con il loro carico di dolore e di risentimento. Meriterebbero ben altro che una postuma sentenza assolutoria. Ma bisogna accontentarsi: più di tanto il convento della tardiva giustizia italiana non passa.