Così i falsi profughi mettono a rischio coloro che hanno bisogno di asilo

14 Set 2017 14:08 - di Giancarlo Cremonini

In questo Paese, per alcuni versi da operetta e per altri da tragedia, dove dopo tre anni di cura Renzi tutte le istituzioni sono allo sfascio e le Forze dell’Ordine sono totalmente abbandonate dalle istituzioni, fioriscono strane teorie giuridiche tutte formulate ad un unico fine: fare entrare più clandestini possibili in Italia. Una delle più assurde di queste tesi è quella secondo la quale i clandestini hanno diritto ad essere ospitati in Italia perché in Libia non sono perfettamente rispettati i diritti umani. A parte il fatto che, se applichiamo gli standard europei, nella quasi totalità del mondo tali diritti non sono rispettati, va detto chiaramente che una persona ha diritto a chiedere asilo politico solo se nel suo Paese di origine è perseguitato ingiustamente o vi è la guerra. In altri termini un cittadino ad esempio senegalese, che non ha diritto a chiedere asilo in quanto nel suo Paese non vi è né guerra né dittatura, non è che lo acquisisce per il mero fatto che lui, spontaneamente e clandestinamente, si è recato in Libia. Un esempio per rendere ancora più chiara la questione. Io cittadino italiano non ho diritto a chiedere asilo politico negli Stati Uniti d’America perché in Italia non sono perseguitato né ci sono guerre o violazioni dei diritti umani. Allora io – furbo e consigliato da qualcuno – che faccio ? Prendo un aereo vado a Tripoli, poi vado all’ambasciata americana a chiedere asilo politico perché in Libia sono violati i diritti umani. Troppo facile e troppo comodo. Le cose non funzionano così, ovviamente.

Il richiedente asilo non può scegliere il Paese dove recarsi

Altro mito da sfatare è quello per cui il richiedente asilo possa scegliere lui il Paese dove essere ospitato (e magari anche la città e la strada). Non è assolutamente così. Chi fugge da una guerra o da una persecuzione deve chiedere asilo al primo Paese democratico che incontra sul suo cammino. In altri termini, il Centroafricano che scappa dalla guerra civile e transita in Sud Africa deve chiedere asilo politico al quel Paese e non alla Finlandia o alla Svezia o all’Australia. Non è che il fatto di venire da un Paese in guerra dà titolo al richiedente asilo di prendere un depliant da una agenzia di viaggio e scegliersi il Paese dove il tenore di vita è più alto e dove le donne sono più carine. E in effetti i veri profughi di guerra in genere chiedono asilo ai Paesi confinanti nella speranza di poter tornare a casa, come fanno ad esempio i siriani. Sono i migranti economici che chiedono asilo a Paesi lontani accomunati tutti dal fatto di essere ricchi e moderni. Quindi, in buona sostanza, bisogna rifiutare che il buonismo di matrice catto comunista distorca, in nome di un presunto e falso spirito di umanità, le norme del diritto internazionale piegandole ai voleri ed ai desiderata delle Ong e di tutti quelli che hanno fatto della immigrazione un lucroso business che qualcuno ha definito più profittevole del traffico di droga. Anche perché in questo modo un nobile istituto, come quello dell’asilo politico, si sta trasformando in un indegno mercato delle vacche che viene sfruttato da tutti meno che dai veri perseguitati, come dimostrano le cifre del Ministero dell’Interno che dicono che circa l’85 per cento delle domande di asilo politico vengono respinte per totale mancanza dei requisiti. Ricordiamo, infine, che i primi a soffrire di questa indegna mistificazione sono proprio i veri perseguitati che vengono da Paesi martoriati come la Siria e l’Iraq. A loro deve essere dedicata la protezione offerta dall’istituto dell’asilo e non a clandestini che approfittano di tale istituto per immigrare illegalmente in Europa per soli motivi economici.

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