Messa per le vittime alla Sagrada Familia, l’icona che i terroristi volevano abbattere
Volevano ridurla in macerie con un furgone carico di “enormi quantità di esplosivo” Tatp, quello con cui l’Isis ha firmato le sue stragi in Europa, seppellendovi sotto i turisti che la visitano ogni giorno. Ieri nella Sagrada Familia, il celebre simbolo incompiuto di Barcellona, una delle icone mondiali della cristianità che porta la firma di Gaudì, e che doveva essere attaccata dai terroristi, è stata celebrata una messa solenne per le vittime degli attentati compiuti dagli emuli dell’Isis.
Proprio mentre i Mossos d’Esquadra, la polizia catalana che sta conducendo le indagini sull’attentato di Barcellona,
portava a compimento alcuni blitz in profondità a Ripoll, la cittadina vicina a Girona da cui provengono gran parte dei componenti della cellula terroristica responsabile dell’attacco, e Manlleu, altro centro catalano vicino a Barcellona, migliaia di persone affluivano alla Sagrada Familia per la celebrazione per le vittime di giovedì scorso sulla Ramblas.
“Sono giorni di molte lacrime e di molta umanità”, ha detto il vescovo di Barcellona, Sebastià Taltavull, aprendo la messa solenne alla Sagrada Familia di fronte ai sovrani di Spagna, re Felipe VI e la regina Letizia, e il primo ministro Mariano Rajoy, rappresentanti di paesi esteri e migliaia di cittadini. Ma il popolo spagnolo, ha poi aggiunto il prelato, “non ha paura e vuole godere del dono della
pace”.
Intanto, come detto, proseguono le operazioni della gigantesca caccia all’uomo per rintracciare tre terroristi: il giovane marocchino Younes Abouyaaqoub che si
ritiene possa essere stato alla guida del furgoncino che ha seminato
terrore e morte giovedì pomeriggio sulla Ramblas, Youssef Aalla, fratello di Said Aalla, uno dei 5 terroristi uccisi a Cambrils venerdì mattina e, infine, l’imam di Ripoll, il quarantenne marocchino Abdelbaki Es Satty, ritenuto dagli investigatori l’ideologo del gruppo di terroristi radicalizzati oltrechè il capo del gruppo. Un uomo schivo che è riuscito a compattare attorno a sè e, soprattutto, a motivare i giovani che avrebbero seminato la morte in Spagna senza destare allarme nei servizi di prevenzione.
Nelle indagini successive agli attentati, Es Satty è entrato come figura centrale per il ruolo chiave che avrebbe avuto nelle stragi. E ora nella tranquilla cittadina dei Pirenei – 10 mila anime, il 10 per cento di origine marocchina, da cui venivano quasi tutti i 12 presunti membri della cellula – ci si interroga su come nessuno si sia accorto di nulla.
Lui è sparito martedì dal suo appartamento perquisito oggi per tre ore dalla polizia. Ha detto al suo coinquilino che andava in Marocco in vacanza dalla moglie e dai figli. Ed è diventato uccel di bosco.
Nella base operativa scoperta vicino a Tarragona, secondo gli investigatori, il gruppo preparava da mesi un grande attacco a Barcellona. Nell’appartamento dell’imam marocchino al 4 di Carrer Sant Pere la scientifica ha raccolto campioni biologici per compararne il Dna con quello dei resti umani trovati in mezzo alle macerie di Alcanar, accanto a tracce di Tatp ed a 106 bombole del gas con le quali i terroristi volevano rendere ancora più micidiale l’onda d’urto di tre furgoni bomba.
Mercoledì notte qualcosa è andato storto in quell’appartamento zeppo di esplosivo. Probabilmente il Tatp, noto per la sua alta instabilità, è stato manipolato male e il covo è esploso.
La cellula ha così dovuto rinunciare “all’enorme attentato” che pianificava a Barcellona – il “piano A”, sanguinoso e spettacolare, preparato da mesi, l’attacco, con tre furgoni carichi di esplosivo Tapt, alla Sagrada Familia, il celeberrimo capolavoro di Antoni Gaudì visitato ogni giorno da migliaia di turisti – ripiegando su soluzioni più artigianali senza esplosivi sulla Rambla e a Cambrils, spezzando 14 vite umane e facendo 134 feriti.
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