La banda delle “veline” rom: si fingono turiste e si intrufolano nei palazzi di Roma

12 Ago 2017 17:07 - di Redazione

Ladre nomadi belle come modelle che entrano nei portoni del centro di Roma con grosse borse griffate. Si spacciavano per turiste. Dopo un sorriso a chi incrociano nell’andrione dei palazzi, entrano in azione e rubano negli appartamenti aprendo le porte con pinze, cacciaviti e lastre da passare tra stipite e porta. Le chiamano le “veline” rom. A compiere questi furti in case di lusso sono rom sinti che abitano in ville nella zona Est di Roma. Si mimetizzano sembrando turiste. Sul Messaggero un dettagliato articolo ricostruisce il “modus operandi”  delle bellissime ladre sui cui indaga il commissariato di Trevi, anche se l’inchiesta ora è ferma. Secondo quanto riporta il quotidiano, questa gang di giovanissime nomadi ha seminato il panico alla vigilia di Ferragosto. Diverse videocamere di sorveglianza dei palazzi semideserti hanno immortalato le avvenenti fanciulle  mentre si introducevano  negli androni e sulle scale. A quel punto scattavano i furti negli appartamenti lasciati vuoti dai proprietari in vacanza, messi a segno ovunque: centro storico, Parioli, Flaminio, Salario, tutto con cacciavite e lastre apri-porta. Secondo gli inquirenti, che le hanno incastrate scavando negli archivi, provenivano tutte dal quadrante Est, zona di rom stanziali e villette anche sfarzose.

Ladre rom, i poliziotti: “Non sembrano ladre…”

Persino i poliziotti che le hanno fermate la prima volta in via Giulia hanno tentennato – “non sembrano ladre” – ma portate al commissariato Trevi, ecco la sorpresa: «Giulia ha un mandato di cattura per un anno e mezzo per furto in appartamento, nella bag nasconde pinze e un lungo cacciavite; Madonna – leggiamo – tiene serrato in mezzo alle gambe un pezzo di plastica, quella dei contenitori dei detergenti, tagliata per funzionare come una lastra da passare tra stipite e porta a fare scattare le serrature. Nel reggiseno nasconde gioielli. Entrambe sono croate. Le vittime dei furti ricordano: “Ero appena uscita e ho incontrato delle ragazze che entravano nel palazzo, ma avevano borse e trolley, le credevo ospiti del b&b. Sono rientrata e la casa era sottosopra».

“Hanno case da mille e una notte”

Hanno belle case e ville sfarzose specie nella zona Est. La polizia giudiziaria indaga su di loro. Scopre che ci sono batterie di rom sinti che si muovono a sciami, leggiamo sul Messaggero: i minori entravano in azione di giorno, gli adulti di notte, spiega un poliziotto di lungo corso. Gli agenti hanno ricostruito clan e individuato le aree da cui partono per raggiungere i quartieri da aggredire. Le loro abitazioni “sono da mille e una notte, i bagni hanno marmi, sanitari pitonati e cristalli. Recuperano montagne di refurtiva, qualcosa è ancora nei loro uffici. Le famiglie di sinti nel mirino, annotano gli agenti, funzionano sul modello delle ndrine calabresi. Tutte imparentate tra loro e pronte a ospitare e sostenere chi finisce nei guai. L’inchiesta che mira a smantellate l’organizzazione va avanti ma poi si ferma bruscamente col trasferimento del pm Francesco Scavo da Roma”. Tutto da rifare.

 

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