“Una cagata pazzesca”: così Paolo Villaggio umiliò gli intellettuali di sinistra (video)

3 Lug 2017 10:51 - di Luca Maurelli

L’occhio della madre, il bimbo nella carrozzella, il montaggio analogico di Ėjzenštejn: materie d’esame per i “compagni” di una volta.

«La scena della corazzata Potemkin era liberatoria per gli intellettuali che la subivano da 40 anni: una vendetta. Solo chi aveva provato quelle costrizioni poteva saperlo e si sganasciava dalle risate…», spiegò Paolo Villaggio, qualche anno fa, a Fabio Fazio, su Raitre, raccontando di quella mitica scena di Fantozzi nella quale in una sala per proiezioni di film d’essai scattava la rivolta degli impiegati costretti a vedere, per l’ennesima volta, quel presunto capolavoro della cinematografia russa. I famosi novantadue minuti di applausi, dopo la “presa” del palco e la distruzione delle bobine da parte di Fantozzi, sono entrati nel nostro linguaggio comune, così come il grido di battaglia liberatorio: “La corazzata Potemkin è una cagata pazzesca!”. In realtà, nel film, la corazzata diventata Kotiomkin, ma il risultato era lo stesso.

Quel film, diretto dal regista sovietico Sergej Michajlovič Ėjzenštejn e ambientato nel giugno del 1905, racconta il massacro dei membri dell’equipaggio della nave da battaglia russa, ammutinatisi prima della Rivoluzione del 1905, ricostruendo, in una location diversa dalla realtà, il massacro di Odessa da parte dei cosacchi dello Zar. Una pellicola che negli anni Settanta, a sinistra, veniva considerata prova di maturità per testare il livello di coinvolgimento ideologico dei compagni, al punto che perfino rifiutarsi di assistere alle proiezioni o di partecipare al dibattito veniva considerato un pericolo segnale di dissociazione. Ovunque, negli uffici pubblici, nei circoli letterari e perfino in fabbrica.

Quelle scene dei grandi capolavori sovietici, a sinistra dovevano essere omaggiate soprattutto dagli intellettuali che volevano restare nel giro dei cinofili, pena l’esclusione, il bando, dai circuiti politici e culturali. «Quei film venivano protetti in genere  il sabato sera quando gli intellettuali di estrema sinistra avrebbero voluto passare una serata naturalmente divertente, purtroppo c’era il maledetto obbligo del film d’autore», raccontò Villaggio in un’intervista al Corriere della Sera in cui spiegava quell’episodio del film di Fantozzi i cui la convocazione obbligatoria veniva estesa anche ai semplici impiegati dal mega direttore generale comunista. Si ride, fin da quando arriva la telefonata in casa Fantozzi, per annunciare la proiezione di partito, durante una partita dell’Italia. Fantozzi, mentre si avvia all’appuntamento con la “corazzata Potemkin”, si becca un pugno in faccia mentre prova a chiedere il risultato della partita affacciandosi a una finestra. “Scusi, chi ha fatto palo?”.

«La caratteristica di questi film erano il bianco e nero, la lunghezza minima di tre ore e venti, il tutto di una noia mortale. All’ingresso c’era l’organizzatore maledetto, un certo Turolli. Entravano tutti rassegnati e domandavano: cosa ci fate vedere questa sera? Il film più temuto era la terrificante “Corazzata Potëmkin”. Gli intellettuali entravano con gli occhi sbarrati, quasi rassegnati. Prendevano abilmente posto nelle ultime file dove potevano prendere sonno anche russando sguaiatamente. Quando si riaccendevano le luci in sala cominciava la parte più atroce. Turolli, che era quasi un nano con gli occhi a palla, pronunciava, con una punta di crudeltà, la mitica frase: e ora la parte più esaltante della serata, il dibattito….». Poi scattava la rivolta al grido della “cagata pazzesca”, la presa del palco, l’ovazione. Fino all’annuncio finale di Fantozzi: «Purtroppo ho da darvi una brutta notizia. Non sono arrivate le pizze della “Corazzata” e in sostituzione siamo costretti a proiettare “Giovannona coscia lunga” mentre in sala saranno distribuite, sfortunatamente, delle pizze napoletane con mozzarella di bufala». 

Un capolavoro che a sinistra fa ridere e fa male, malissimo.

 

 

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