Libia, Macron incontra Sarraj e Haftar. Esclusa l’Italia. Schiaffo ad Alfano

25 Lug 2017 14:21 - di Elsa Corsini

Parigi chiama e Roma protesta. Faccia a faccia nelle prossime in Francia tra il presidente del Consiglio presidenziale di Tripoli Fayez Sarraj e il comandante dell’Esercito nazionale libico Khalifa Haftar senza nessuna delegazione italiana. L’incontro nel castello di La Celle Saint Cloud, alle porte di Parigi, alla presenza del presidente francese Emmanuel Macron e dell’inviato speciale dell’Onu per la Libia, Ghassan Salamé avrà come tema principale la crisi libica. 

Macron esclude Alfano dal tavolo

Il pressing diplomatico del trentanovenne presidente francese comincerà con un primo colloquio a porte chiuse con Sarraj, a cui seguirà un secondo con Haftar, prima della riunione a quattro e la dichiarazione stampa. La crisi libica spaventa Macron per due conseguenze: la minaccia terroristica e il traffico di migranti. «La sfida – spiegano dall‘Eliseo – è costruire uno Stato capace di rispondere ai bisogni fondamentali dei libici, dotato di un esercito regolare unificato sotto l’autorità del potere civile», un passo decisivo considerato «necessario» per il controllo del territorio libico. La speranza del giovane Macron è che dal vertice possa scaturire una dichiarazione congiunta «condivisa» dai due antagonisti.

L’Italia rimane fuori dai giochi

Il faccia a faccia nasce da un’iniziativa unilaterale di Parigi e non prevede la presenza di rappresentanti per l’Italia, malgrado i molti sforzi diplomatici del nostro Paese a sostegno del governo di unità nazionale guidato, appunto, da Sarraj.  Uno smacco che mette in serio imbarazzo il ministro degli Esteri Alfano. «Sulla Libia – dice intervistato da La Stampa – ci sono troppi formati aperti, troppi mediatori, troppe iniziative, dal Golfo all’Egitto, dall’Algeria alla Tunisia, dall’Unione europea agli interessi dei singoli Stati membri: è necessario unificare gli sforzi e concentrarli su Salamé (l’inviato dell’Onu, ndr), se ognuno dovesse andare per i fatti suoi finiremmo per delegittimarlo.  Alla domanda se, in virtù dell’impegno italiano in Libia, il nostro Paese non dovesse essere invitato al tavolo, l’inquilino della Farnesina replica: «Ci sono tanti negoziati aperti. Quello francese non è il primo e temo che non sarà l’ultimo. Noi guardiamo con favore le iniziative che favoriscono il dialogo e dunque anche quella francese. Ma lo ripeto: sosteniamo Salamé».

 

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