Apologia di fascismo, paura delle ombre: o è strumentale o è psicopatologia
Egregi parlamentari che vi accingete a votare una legge che dovrebbe punire “l’apologia di fascismo”, chi vi parla, con animo sereno e sorriso sulle labbra, è un giovanotto di sessantadue anni che ha militato nel Msi, fino alla metà degli anni ottanta, senza mai definirsi fascista. Di fascisti ne ho conosciuti tanti, ovviamente, “serenamente” stimandoli e apprezzandoli quando il loro comportamento era tale da meritare rispetto e stima. Ne ho conosciuti anche moltissimi che avevano le idee un po’ confuse, una visione distorta e pasticciata della storia e della realtà e costoro non sono mai diventati miei amici. Ho avuto il privilegio di relazionarmi anche con personaggi che nel famigerato ventennio hanno occupato ruoli più o meno importanti, a cominciare da Giorgio Almirante, ovviamente, che mi ha insegnato un’importante regola, facendomi crescere in un attimo, e di molto, quando avevo solo venti anni: “Nella vita non basta avere ragione, bisogna anche sapersela prendere”.
Evito di citare la lunga lista, tra l’altro facilmente intuibile, con l’unica eccezione del mio più caro amico, Michele Falcone, che essendo nato tre giorni dopo quel famoso otto settembre del 1943, gli ideali fascisti li ha assimilati per retaggio ancestrale e condizionamento familiare, come avvenuto per tante persone nate negli anni postbellici. Il suo stile di vita merita un pubblico encomio perché, da sempre e spero ancora a lungo, si può caratterizzare con una sola parola: irreprensibile. La statura etico-morale, supportata da un alto livello culturale, gli hanno consentito e gli consentono di raggiungere vette esistenziali davvero ragguardevoli e invidiabili. Non posso fare a meno di citare due episodi: nel 1985, da consigliere provinciale in carica, non esitò a lasciare a me il suo collegio vincente perché riteneva giusto che “le mie qualità” fossero valorizzate con un ruolo più importante di quelli esercitati (segretario di sezione, dirigente provinciale, presidente consulta corporativa). Fu preso per pazzo e fummo “commissariati” entrambi dall’allora segretario regionale del partito: “anche” a destra molti avevano difficoltà tanto a concepire l’attività politica come servizio per favorire il bene comune quanto a delegare i vari ruoli esclusivamente alle persone capaci e meritevoli. Recentemente, in occasione della presentazione del mio romanzo “Prigioniero del Sogno”, mi ha fatto il più bel regalo che potessi mai ricevere e che mi ripaga dei sacrifici compiuti al fine di restare sempre con la schiena dritta. Nel corso del suo intervento, ha mutuato una frase tratta da un’opera di Eutropio, da Pirro pronunciata riferendosi al console Fabrizio, dedicandola a me: “Ille est Pasquale, qui difficilius ab onestate quam sol a cursu suo averti potest”. (Gli amici d’infanzia mi chiamano con il nome anagrafico).
Egregi parlamentari, sono franco di cerimonie – lo sono stato da giovane, figuriamoci ora – e senza tanti giri di parole, pertanto, vi dico semplicemente che la legge in discussione si può definire solo con un’espressione “fantozziana”: “Una cagata pazzesca”. Ho avuto già modo di leggere qualificati e autorevoli pareri che ne mettono in luce le distonie costituzionali, ritenendola “poggiata sul nulla”. Non li ribadirò, pertanto, perché, a mio avviso, il solo prendervi sul serio conferisce alle vostre azioni una dignità e una legittimazione che non meritano. Non m’interessa sottolineare la vacuità del provvedimento, ritenendo che esso possa rispondere solo a due logiche: una palese azione strumentale protesa ad allontanare l’attenzione dai problemi reali o una psicopatologia bella e buona.
Se qualcuno ha realmente paura delle ombre è bene che si affidi a un bravo psicanalista. A me non fanno paura “le condotte meramente elogiative, o estemporanee che, pur non essendo volte alla riorganizzazione del disciolto partito fascista, siano chiara espressione della retorica di tale regime, o di quello nazionalsocialista tedesco”. E non mi fanno paura, ovviamente, i gadget sulle bancarelle dei venditori ambulanti, venduti a pochi euro. Mi fate paura, e non poco, invece, voi tutti per come avete ridotto questo Paese; per la facilità con la quale legiferate a esclusivo vantaggio dei potentati che vi sostengono, incuranti delle sofferenze di un intero popolo. Mi fanno paura il vostro cinismo, i vostri limiti etici e culturali, la vostra condotta pubblica e privata. In poche parole, egregi parlamentari, a me fate paura, e anche molto schifo, esclusivamente voi. Non vi è nessun “rischio” di rigurgito del fascismo, in Italia. Vi è invece, e da troppo tempo, un solo pericolo reale: la vostra presenza in parlamento. Lo so, è colpa precipua di chi vi ha votato. Ma questo è un altro discorso.