Usa: la distruzione della moschea di Mosul è la prova della brutalità dell’Isis
«Un crimine contro il popolo di Mosul e di tutto l’Iraq e un esempio di perché questa brutale organizzazione deve essere annientata». Così il generale Joseph Martin ha definito alla Bbc la distruzione della storica moschea di al-Nuri, autentico simbolo della città, dalla quale il 29 giugno 2014 Al Baghdadi si era autoproclamato Califfo, salendo sul pulpito con il Rolex al polso. Da parte sua il comandante iracheno incaricato dell’offensiva per riprendere Mosul ha detto che le truppe di Baghdad si trovavano «a meno di 50 metri dalla moschea quando l’Isis ha commesso un altro crimine storico», facendola saltare in aria. Un gesto annunciato dopo che i jihadisti avevano già minato l’antico edificio del XII secolo, attestati nelle vie della Città Vecchia. La moschea e il suo caratteristico minareto inclinato sono stati per secoli uno dei simboli più noti della città, raffigurati anche sulla banconota da 10mila dinari iracheni.
La moschea di Mosul è un cumulo di macerie
Dopo la proclamazione del Califfato nel 2014, l’Isis aveva piantato la sua bandiera nera considerando l’antica Moschea “roba propria”. Poi, quando i militari iracheni a ottobre hanno iniziato l’assedio della città, l’Isis imbottì di esplosivo l’antico edificio, come già fatto un in altre occasioni con le università. Le immagini satellitari dell’esplosione diffuse dal comando iracheno, che hanno fatto il giro del mondo, mostrano l’antico edificio religioso ridotto a un cumulo di macerie. La distruzione dell’antica moschea di Mosul priverà gli iracheni del simbolo più forte della loro vittoria nella guerra contro lo Stato Islamico. La moschea venne costruita tra il 1172 ed il 1173 da Norandino, signore turco di Aleppo e Mosul che voleva unire i musulmani contro i crociati cristiani. Così i jihadisti, rimasti asserragliati in poco più di 5 chilometri, devono aver pensato che fosse meglio distruggere tutto piuttosto che lasciare la possibilità al nemico di togliere dal minareto la bandiera del Califfato. In un primo momento l’Isis, confermando la notizia dell’esplosione, l’aveva attribuita a un raid aereo americano, notizia smentita ufficialmente dal Comando centrale degli Stati Uniti.