Ultime ore di vita per il piccolo Charlie. Medici pronti a staccare la spina

30 Giu 2017 12:43 - di Giacomo Fabi
charlie

Ultime ore di vita per il piccolo Charlie Gard, il bambino di appena 10 mesi affetto da una rarissima malattia genetica (solo 16 casi nel mondo oltre al suo), la sindrome da deplezione del Dna mitocondriale – progressivo e inesorabile indebolimento muscolare – il cui caso sta lacerando e sconvolgendo non solo l’Inghilterra ma il mondo intero. Un caso in cui pietà e ragione si contrappongono fino a negarsi reciprocamente. A giudizio dei medici del Great Ormond Street Hospital di Londra, che lo hanno in cura, la malattia non concede la minima speranza: Charlie è condannato. Bisogna staccargli la spina che lo tiene in vita artificialmente. Ma Chris e Connie, i suoi genitori, non si rassegnano a perdere quel loro figlio e ingaggiano una battaglia legale contro la decisione dell’ospedale. La loro speranza si chiama America. Negli Usa infatti c’è un medico disposto a prendere in cura Charlie e a sottoporlo ad un protocollo sperimentale. Servono soldi, e tanti. Ma Chris e Connie non si scoraggiano e avviano, con successo, una raccolta fondi che mobilita la pietà dei britannici. Ma per i giudici dell’Alta corte inglese adita nel frattempo dai medici dell’ospedale londinese, non si può fare: è inutile – sentenziano – e provocherebbe al bambino ulteriori, inutili sofferenze. Ma Chris e Connie non si perdono d’animo e tentano la carta, l’ultima a disposizione, la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo. Già, l’Europa sempre prodiga di umanitarismo e dispensatrice di diritti. I coniugi Gard rifiutano di credere che proprio questa Europa possa mostrarsi avara di umanità proprio nei confronti del piccolo Charlie. Ma è esattamente quel che succede. Il verdetto della Cedu  è in tutto simile a quello dei giudici di Londra: Charlie deve morire dal momento che «qualunque ulteriore trattamento gli provocherebbe dolore continuo, sofferenza e stress». È il 26 giugno: comincia, per Charlie, il conto alla rovescia. Certo, i giudici si sono soprattutto preoccupati di tracciare quell’incerto confine, oltrepassato il quale la pietà per chi soffre e il desiderio di trattenerlo in vita si trasformano in accanimento terapeutico. Il dubbio è se lo abbiano fatto nel caso giusto e se la loro ansia di illuminare quel confine non si sia tradotta nella negazione dell’ultimo, estremo tentativo di strappare il piccolo alla morte.  Ma la legge è legge anche per un bambino di soli 10 mesi che ha perduto la sua battaglia. L’annuncio della resa, su Facebook, arriva dai genitori. Ed è straziante: «Abbiamo il cuore completamente spezzato. Trascorriamo le ultime ore con il nostro bambino. Non ci è permesso di scegliere se nostro figlio vivrà e non ci è permesso di scegliere quando e dove Charlie morirà. Charlie morirà sapendo che è stato amato da migliaia di persone, grazie per il vostro sostegno». E Charlie ora attende. Attende che gli staccheranno la spina. Ma non saprà mai se a farlo sarà stato un moderno boia o l’antica, umana pietà.

 

 

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