Sulla vicenda Woodcock. E sulle vite (devastate) degli altri
Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale..
(Dante, Paradiso, XVII)
So, per fatto personale, che certi accadimenti fanno riflettere. E spesso ci aiutano a capire. Per esempio, ci fanno comprendere quanti torti sono appesi alle nostre ragioni. Quanti dubbi sono attaccati alle nostre certezze. Quanti pregiudizi sono collegati ai nostri più trancianti e definitivi giudizi. Sì, certi accadimenti fanno riflettere. Cambiano le vite, le scombussolano, le sventrano: all’improvviso. Fanno precipitare i nostri sogni. Rendono una pozza di fango quel mare specchiato che era stata la nostra esistenza. Basta poco, ma il danno sarà tanto e duraturo. In certi casi è sufficiente il sospetto, l’ipotesi, la congettura, la maldicenza e la frittata é servita. E siccome fa gola e stuzzica l’appetito ci si abbufferanno in tanti: il privato altrui è quasi sempre assai più gustoso. Si tratta solo di vite, del resto. Le vite degli altri, private e, spesso, sconosciute. Vite che, per quanto si possano pure immaginare dalle tracce lasciate via etere, carpite e trascritte sui tabulati da solerti funzionari, spesso in realtà risultano del tutto diverse o dissimili da come le si è, per puro teorema investigativo, immaginate. Vite che, da quel momento, saranno comunque devastate. Distrutte. Col di più del coinvolgimento dei familiari. Che magari accumulano tutto quel male, lo inghiottono e, non potendo più espellerlo, ne muoiono. Ecco, è questo che accade. Solo questo. Ed è per questo che certi accadimenti fanno riflettere. Devono. Devono far riflettere per lo meno quelli che hanno, o credono di avere in uso quotidiano la loro massa grigia. Perchè non è sempre vero che sono tutti cattivi. Così come non è sempre vero il contrario. Perciò, buona fortuna. Buona fortuna a Federica Sciarelli e a Henry John Woodcock.