Sui media Usa “le 10 bugie di Trump”. Ma con Berlusconi fu un boomerang
Ricordate le dieci domande di Repubblica a Silvio Berlusconi, per incastrarlo sulle veline, le feste di Arcore, le papi girl e le sue presunte bugie mentre era al governo del Paese? Un boomerang clamoroso, visto che le inchieste si sgonfiarono come palloncini e l’ex premier non di degnò mai di rispondere.
In America lo stesso metodo viene utilizzato dal New York Times, che prova a mettere alla gogna il presidente degli Stati Uniti Donald Trump con dieci bugie da lui pronunciate, tutte le affermazioni false pronunciate dal presidente americano sin dal giorno del suo insediamento il 20 gennaio, con tanto di grafici per illustrare l’andamento delle bugie.
“Non vi sono precedenti di un presidente americano che passa così tanto tempo a dire cose non vere”, afferma il quotidiano, sottolineando che l’ascesa politica di Trump è stata costruita sulla bugia che Barack Obama non fosse nato in America. E la sua propensione a non dire la verità è anche al centro del Russiagate, con l’ex direttore dell’Fbi James Comey che ha denunciato sotto giuramento le “bugie” del presidente. Trump “sta cercando di creare un’atmosfera in cui la realtà è irrilevante”, avverte il quotidiano secondo il quale Trump ha detto almeno una bugia o una cosa non vera al giorno nei primi 40 giorni della sua presidenza, ovvero fino al primo marzo. Da allora bugie e falsità sono state registrate in 74 degli ultimi 113 giorni. I giorni senza bugie sono spesso quelli in cui non manda messaggi su Twitter, in genere quando si trova in vacanza nella sua residenza di Mar-a-Lago in Florida o quando gioca a golf.
Il giornale sottolinea che alcune bugie cambiano nel tempo. Dopo aver rinunciato a definire ufficialmente la Cina paese
manipolatore di valuta, come aveva invece promesso in campagna elettorale, Trump ha detto di aver cambiato idea perchè Pechino ha smesso di comportarsi male. Ma le date di questa presunta svolta cinese cambiano di giorno in giorno: il 21 aprile Trump ha detto che è avvenuta quando si è insediato, il 29 aprile l’ha situata durante le
elezioni, il 30 aprile quando è stato eletto, il primo maggio quando si è candidato e il 4 maggio ha affermato che è avvenuta “quando ho iniziato a parlare di manipolazione della valuta”.
Trump ha finora mantenuto il sostegno della maggior parte di chi l’ha votato e della leadership repubblicana al Congresso, ma paga anche un prezzo per le sue bugie, conclude il New York Times. Secondo i sondaggi, il 60% degli americani ritiene che Trump non sia onesto, in crescita rispetto al 53% registrato al momento del suo insediamento.
Tutte elucubrazioni del giornale americano o la campagna per far cadere il presidente servirò davvero?