Mafia Capitale, Naso: un processetto. 80mila intercettazioni, ma non tutte ascoltate

27 Giu 2017 14:09 - di Federica Parbuoni

Ha citato Dante, per un procedimento segnato da «ritmi» e «trappole» infernali. Al processo sulla cosiddetta Mafia Capitale è il giorno di Giosuè Bruno Naso, l’avvocato di Massimo Carminati, che nella sua arringa non ha mancato di sottolineare tutti gli ostacoli posti alla difesa dalla Procura, durante quello che è stato il processo più mediatico degli ultimi anni. 

Verso la conclusione del processo

La sentenza è attesa per il 18 luglio o per il 10 settembre. La riserva sarà sciolta nell’udienza del 13 luglio, giorno in cui la presidente del Tribunale, Rosanna Ianniello, ha aggiornato il dibattimento. Una sorta di rinvio tecnico per verificare se tutte le intercettazioni depositate siano state ascoltate dal collegio. In quell’udienza sono previste anche le dichiarazioni spontanee di Paolo Di Ninno e Salvatore Buzzi. 

«E quindi uscimmo a riveder le stelle»

«E quindi uscimmo a riveder le stelle», è stato l’incipit dell’arringa di Naso, che nell’aula bunker di Rebibbia ha parlato di un «processo dantesco». «Il mio vuole essere anche un omaggio a Lo duca (Virgilio ndr), a chi ci ha condotto fuori nonostante le trappole infernali poste dall’ufficio di Procura», ha proseguito Naso, rivolgendosi alla presidente Rosanna Ianniello e spiegando che «lo duca è lei presidente, che con la sua autorevolezza è riuscita a imporre ritmi così infernali, che in un primo momento abbiamo tentato di ostacolare perché per noi difensori rappresentavano un serio problema per potere conciliare gli altri impegni di lavoro, soprattutto perché si è svolto in questa landa desolata». 

Naso cita il processo per l’omicidio Pecorelli 

Naso ha ricordato che il processo si è svolto al ritmo di «4 udienze a settimana» e ha sottolineato che nulla, nel procedimento, è accaduto per caso. Tutto è stato frutto, invece, di «una scelta studiata a tavolino da parte dell’ufficio di Procura per rendere ancora più difficoltosa la difesa degli imputati, ma soprattutto per destabilizzare il giudice, vero obiettivo di questa operazione». Non è la prima volta che Naso si trova di fronte a una situazione del genere e, anche per questo, non è la prima volta che l’avvocato cita Dante. «Ho usato la citazione di Dante anche per il processo sull’omicidio Pecorelli, ma non è mancanza di fantasia né rimbambimento. Tra questi due processi – ha spiegato Naso – ci sono notevoli similitudini, sia lì che qui non si è processato un fatto di reato ma si sono investigati, radiografati gli imputati per quel che erano o ritenevano che fossero».

Ma Mafia Capitale è «un processetto farsesco»

Per Naso «il meccanismo è stato lo stesso: riversare sul tavolo del giudice una massa incontrollata di carte per impedirgli il controllo di legalità». Ma se «quello Pecorelli era un processo drammatico», questo di Mafia capitale per il legale «è un processo farsesco». E, infatti, «dopo 240 udienze, 10 milioni di carte e 80mila intercettazioni resta un “processetto” dal punto di vista tecnico-giuridico. Non c’è una questione che meriti una mezz’ora di studio, che mi abbia costretto a una ricerca giurisprudenziale», ha rivelato Naso, per il quale di Mafia Capitale non resta che «un processo che si trascina da quasi tre anni intercettazione dopo intercettazione, una marea di intercettazioni fatte a “catena”, a strascico».

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