Locale espone il cartello “Personale 100% italiano”: i soliti buonisti fanno l’inferno

17 Giu 2017 12:08 - di Ginevra Sorrentino

Quando si dice che il parlamento non ha il polso della situazione che imperversa nel Paese. Degli umori della gente. Del malcontento diffuso e endemizzato. Eppure, a un qualunque deputato o senatore basterebbe prendere un autobus anche per sole due fermate, o farsi un giro per le sale d’aspetto di una qualunque medico della mutua per toccare con mano insofferenza e disillusione.

Ristorante espone il cartello personale 100% italiano

E così, prende sempre più piedi il decisionismo individuale, l’autodeterminazione eretta a sistema privato che si beffa dell’inconcludenza e dell’inadeguatezza di chi dovrebbe provvedere e non lo fo, o lo fa in malo modo. l’ultima dimostrazione arriva da Veneto, esattamente da Mogliano Veneto, nel Trevigiano, dove, in questi giorni di lotta senza esclusione di colpi – e di fendenti – sul ring di Camera e Senato a riguardo il diritto alla cittadinanza sostenuto dal ddl sullo Ius Soli, un ristoratore locale ha affisso un cartello che parla chiaro (e la dice lunga): «Personale 100 % Italiano». Sotto, il disegno del tricolore (come si evince dalla foto postata su Facebook). Ossia, «in questo ristorante non lavorano stranieri». Un’attestazione dell’italianità dei prodotti, del menù e del servizio a conferma della qualità dell’offerta culinaria che però ha infastidito le conventicole politically correct che, prontamente – e con assoluta indifferenza per le giustificazioni rese dal titolare del locale – hanno fatto arrivare fino agli uffici del Comune segnalazioni risentite e reazioni scomposte.

Le segnalazioni dei buonisti arrivano in Comune

E com’era facile prevedere, in poco tempo si è scatenata la tempesta delle accuse e delle recriminazioni. Una situazione che ha costretto – nuovamente – il ristoratore finito nel mirino dei soliti buonisti a nuove spiegazioni, quelle riportate in un ampio servizio dal Corriere del Veneto che testualmente cita: «Non significa che gli stranieri non sappiano lavorare, per carità – spiega – Ho voluto solo ribadire un punto: da me ci sono dipendenti italiani, è un valore aggiunto come usare prodotti di qualità, perché ad esempio conoscono meglio le ricette tradizionali che proponiamo. In passato ho gestito lavoratori di altri Paesi e non mi sono trovato bene, tutto qui». Basterà a tacitare gli animi degli indefessi crociati del politically correct?

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