La Corte dei Conti “bastona” Crocetta: in 5 anni in Sicilia debito raddoppiato

30 Giu 2017 13:30 - di Redazione
interviste

«Al 31 dicembre 2016 il debito di finanziamento residuo della Regione ammonta complessivamente a oltre 8 miliardi di euro, con un incremento rispetto all’inizio del quinquennio del 41,4 per cento». È questa, in sintesi, l’impietosa radiografia della regione Sicilia contenuta nella relazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale per l’esercizio finanziario del 2016. In termini percentuali, è il 41,4 in più rispetto a cinque anni fa. Numeri da brividi per una regione che nel prossimo ottobre dovrà rinnovare presidente e consiglio regionale. Perciò, la cura  Crocetta, attuale governatore della Sicilia, non solo non ha prodotto gli effetti sperati, ma ha addirittura aggravato la situazione. L’udienza della Corte siciliana è stata rinviata al 19 luglio che si annuncia quindi come il giorno del “redde rationem” per Rosario Crocetta e la sua traballante giunta sostenuta dal Pd.

Troppe criticità su sanità, fondi strutturali e beni culturali

A scorrere infatti la relazione della magistratura contabile ci si conto del dissesto. Sia che si parli di sanità, di fondi europei o di gestione dei beni culturali (che lo Statuto dell’autonomia affida alla Regione), la Sicilia – per usare un’indovinata metafora utilizzata dal presidente delle Sezioni riunite della Corte dei conti per l’Isola, Maurizio Gaffeo, è come «se avesse preso una macchina con le ruote bucate e avesse fatto una salita ripida». Problemi antichi e nuovi, intrecciati l’uno all’altro, ma sempre scaricati sui pubblici bilanci. Ma procediamo con ordine. Capitolo sanità: a giudizio della Corte dei Conti, in Sicilia non risulta ancora attuato il «programmato contenimento della spesa». In più permane forte la lentezza relativa ai pagamenti a favore dei terzi creditori. Nel 2016 sono stati erogati pagamenti per un importo pari a 4.056 milioni di euro, il 41 per cento dei quali, però, non rispetta i termini di legge. Fondi strutturali: in Sicilia – rileva la Corte dei Conti – non ha avuto «quell’effetto propulsivo e moltiplicativo, tipico degli investimenti pubblici, ma soltanto un effetto sostitutivo e “tampone” rispetto alle conseguenze della crisi». La solita occasione sprecata, dal momento che – come non mancano di evidenziare i magistrati contabili – un’efficiente gestione dei fondi europei rappresenterebbe «l’unica vera risorsa per colmare il grave gap esistente tra la Sicilia e le altre regioni italiane e con gli altri paesi europei». Nella già desolante graduatoria delle performances delle nostre regione meridionali circa l’utilizzo dei fondi strutturali europei, l’Isola si trova ancora all’ultimo posto.

Dalla Corte dei Conti l’allarme corruzione

È un vero e proprio allarme quello lanciato da Piero Zingale, procuratore generale d’appello della Corte dei conti della Sicilia: «Reiterati episodi corruttivi che si verificano ci penalizzano influenzando le scelte degli investitori anche esteri». Sotto la sua lente d’ingrandimento anche la gestione dei siti e dei parchi archeologi in Sicilia definita «al limite di collasso». «Basti pensare – ha sottolineato – che molti siti archeologici non hanno neppure un archeologo» mentre «il personale, non solo di vigilanza, ma anche tecnico, è ampiamente carente sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo».

 

 

 

 

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