Dramma di Torino: mancati controlli, ultrà diffidati. Le crepe nella sicurezza

5 Giu 2017 12:54 - di Redazione

La psicosi da attentato è stata il detonatore nella notte di terrore a Torino, ma sono tante le responsabilità nell’organizzazione della sicurezza e dell’ordine pubblico di un evento che doveva essere una festa e ha rischiato di finire in tragedia. Con il passare delle ore, la ricostruzione della dinamica della fuga impazzita attraverso i video e i racconti dei testimoni fotografano una lunga  scia di errori e di falle nel sistema di sicurezza in piazza San Carlo. A cominciare dalla mancanza di controlli all’uscita del parcheggio sotterraneo che ha permesso a decine di ambulanti abusivi di rifornire di centinaia di bottiglie di birra in vetro gli oltre trentamila tifosi assetati in attesa del fischio d’inizio della partita. Una distrazione imperdonabile che halasciato campo libero anche ultrà, molti dei quali già diffidati, che hanno potuto eludere i controlli. Incredibilmente nell’0rdinanza della sindaca Chiara Appendino per il regolamento dell’area che ospitava il maxischermo non c’è traccia di divieti alla somministrazione di bevande alcoliche o in bottiglia, divieti imposti invece in precedenza applicando il decreto Maroni. Una bella grana per la sindaca pentastellata, che tra l’altro si è goduta la finale a Cardiff a distanza di sicurezza dalla “sua” Torino, che   evita l’argomento. A chi, democratici in testa, le chiedono conto delle responsabilità dell’amministrazione sulla sciagura di piazza San Carlo, risponde di preferire pensare ai feriti.  Nella catena di errori imperdonabili anche le falle dei controlli agli accessi. Teoricamente ai quattro ingressi della piazza i controlli antiterrorismo hanno funzionato, come ha detto il prefetto di Torino, Renato Saccone, ma molti testimoni, tra i quali una giornalista palermitana, raccontano di aver oltrepassato comodamente le transenne con borse e zainetti senza essere perquisiti. «La gestione dell’ordine pubblico era sfuggita di mano già un’ora e mezza prima della partita. Non si capiva chi controllava chi – racconta un tifoso – prima hanno fatto entrare i venditori abusivi, mentre dopo i disordini le forze dell’ordine, in particolare la polizia municipale, bloccavano l’accesso alla gente che voleva cercare i parenti feriti».

Troppe crepe nella sicurezza

Paradossalmente l’adozione delle stesse norme che scattarono nella finale di Champions-League del 2015, esibite il giorno dopo come autodifesa dall’amministrazione grillina, si è rivelata un boomerang che non ha tenuto conto dell’effetto-paura nei cittadini di fronte all’escalation di attentati terroristici degli ultimi mesi che avrebbero dovuto innalzare il livello di sicurezza e le misure di prevenzione. Ha dell’incredibile che lo scoppio di un petardo o un ragazzo ubriaco scambiato per un kamizake possano generare una situazione del tutto fuori controllo e il bilancio di oltre 1500 feriti. «Il panico è difficilmente governabile – aveva detto alla vigilia della finale il prefetto  – governare una situazione di panico in piazza è particolarmente complesso in un clima internazionale che motiva elementi di preoccupazione». Ma è esattamente questo il compito degli addetti alla sicurezza dei cittadini. Lascia perplessi l’appello lanciato a poche ore dalle scene di terrore dal questore di Torino, Angelo Sanna, perché chi ha notato «fatti, episodi, situazioni che poi hanno provocato il panico contattino la questura». 

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