Dopo la Siria e l’Iran, ecco il terzo errore di Donald Trump: l’Afghanistan
I talebani glielo aveva scritto, a Donald Trump, appena fu eletto: ritira le truppe dal nostro Paese e lasciaci vivere in pace. Lui non li ha ascoltati ed è scattata la consueta e sanguinosa offensiva di Primavera. Gli Stati Uniti e i loro alleati “non stanno vincendo” in Afghanistan. Lo ha ammesso il ministro della Difesa Usa, James Mattis, rispondendo al fuoco di domande del presidente della commissione Forze armate del Senato, John McCain. L’ex candidato repubblicano alla presidenza, ha duramente criticato l’Amministrazione Trump per non avere ancora sviluppato una strategia che ribalti la situazione in Afghanistan, dove i Talebani, in molte zone del Paese, stanno avendo la meglio sulle forze del governo di Kabul. Mattis ha promesso che il Pentagono farà delle “correzioni” il “prima possibile”, indicando per la “metà di luglio” il varo di una nuova strategia militare. Gli Stati Uniti hanno attualmente circa 8.400 militari in Afghanistan. Il comandante Usa, il generale John Nicholson, ha dichiarato la necessità di migliaia di rinforzi per sostenere le forze di sicurezza afghane impegnate contro i Talebani. E anche oggi un’autobomba ha provocato la morte di almeno cinque miliziani di un gruppo scissionista dei Talebani in Afghanistan. Lo ha riferito il sito dell’emittente locale Tolo, precisando che l’attacco è avvenuto nella zona di Girishk, nel sud del Paese. I miliziani colpiti facevano parte del gruppo sotto il comando del mullah Rasoul, che ha una presenza significativa in Afghanistan. La fazione si è distaccata dai Talebani a seguito dell’annuncio nell’estate 2015 della morte del fondatore del movimento islamista, il mullah Omar, e la conseguente nomina al suo posto del mullah Akhtar Mansour. Si ritiene che mullah Rasoul possa contare su alcune centinaia di miliziani e che il gruppo sia radicato soprattutto nel sud e nel sud-est del Paese. Per quanto riguarda la Siria, Trump ha preso le parti della comunità internazionale, nemica giurata del legittimo governo del presidente Assad. E anche sull’Iran, anziché cercare una politica di riconciliazione con uno dei pochi Paese che combattono il terrorismo, Trump ha preferito seguire le orme di Obama.