Comey al Senato Usa: “Trump non mi chiese di fermare l’inchiesta”
Crolla il castello di carte edificato con pazienza dai del americani e da quasi tutti giornali anti-Trump. L’audizione di James Comey, ex direttore dell’Fbi licenziato da Donald Trump, ha infatti preso una piega un po’ diversa da quella attesa dai detrattori del presidente americano. “Né il presidente Donald Trump, né il ministro della Giustizia Jeff Sessions“, chiesero a James Comey di “fermare l’inchiesta sul Russiagate“. Lo ha detto lo stesso ex direttore dell’Fbi nella sua deposizione davanti al Senato Usa. “Non spetta a me dire se le conversazioni con il presidente erano un modo per ostruire la giustizia”, ha sottolineato Comey, “le ho però trovate molto inquietanti”, ha aggiunto Comey. Venendo al Russiagate, Comey ritiene che la Russia ha “senza dubbio” interferito nelle elezioni presidenziali del 2016, dicendosi però “sicuro” che nessun voto espresso nelle elezioni sia stato alterato a causa di queste interferenze. Comunque “almeno centinaia” di istituzioni Usa furono prese di mira dagli hacker russi durante la campagna presidenziale del 2016, “forse migliaia”. Riguardo al suo licenziamento repentino, Comey ha fornito la sua versione: “Le spiegazioni del mio licenziamento mi hanno confuso e preoccupato”. Nel ricordare di essere stato nominato nel 2013 per un mandato di dieci anni dall’allora presidente Barack Obama, Comey ha ammesso di “sapere che avrei potuto essere licenziato da un presidente per qualsiasi ragione o per nessuna ragione”. Ma, ha continuato, “le diverse spiegazioni” fornite sul suo siluramento “mi hanno confuso e preoccupato sempre di più”. Secondo l’ex direttore dell’Fbi, Trump “mi ha più volte detto che stavo facendo un grande lavoro e speravo di restare… mi ha detto più volte di aver parlato di me con molte persone e di aver saputo che stavo facendo un gran lavoro”. “Questo allora mi ha confuso, quando ho visto in televisione che il presidente mi aveva licenziato a causa delle indagini sulla Russia”, ha sottolineato ancora Comey, secondo il quale da allora “la Casa Bianca ha scelto di diffamare me e, cosa ancora più importante, l’Fbi”.
Comey: ho documentato gli incontri con Trump, ma non quelli con Obama
E Comey la difende a spada tratta: “Bugie, pure e semplici”, sono le accuse del presidente Donald Trump, secondo il quale il Bureau era nel caos e guidato male. “L’Fbi è onesta, l’Fbi è forte e l’Fbi è e sarà sempre indipendente”, ha ribadito l’ex direttore del Bureau James Comey. Comey poi ammette di aver “documentato” in qualche modo gli incontri col presidente: “Ero onestamente preoccupato che potesse mentire sulla natura dei nostri incontri e così ho pensato che fosse importante documentarli”, ha detto Comey, a proposito degli incontri avuti nei mesi scorsi con il presidente Donald Trump e degli appunti presi in quelle occasioni. La preoccupazione che Trump potesse mentire, chissà perché, poi…, “mi ha spinto a credere che dovessi scrivere” degli appunti su quegli incontri e che “dovessi scriverli subito”, ha continuato Comey. “Sapevo che avrebbe potuto esserci un giorno in cui avrei avuto bisogno di una documentazione di quello che era successo, non solo per difendermi, ma per difendere l’Fbi”, ha sottolineato l’ex direttore del Bureau. Che poi ha ricordato: “Ho interagito con il presidente Obama. Con lui ho parlato solo due volte in tre anni e non ho documentato” questi colloqui, “ho avuto un faccia a faccia con il presidente Bush… ma non sentivo di doverlo documentare in quel modo”. Cade anche il preteso ordine di Trump riguardo a Flynn: “Ho preso le parole di Donald Trump come un’indicazione di quello che voleva che io facessi”. Così ha risposto James Comey alla domanda di un senatore che gli ha chiesto se il presidente gli avesse ordinato di interrompere l’inchiesta su Mike Flynn. “Non le ha ordinato di interromperla, vero? Ha usato la parola spero, lei conosce qualcuno che è stato condannato per aver detto che sperava qualcosa?”, lo ha incalzato il senatore. “La ragione per cui continuo a ripetere le sue parole è perché le ho prese come una direzione, questo era il presidente degli Stati Uniti, l’ho presa come un’indicazione”, ha replicato l’ex direttore dell’Fbi. Quindi potrebbe anche aver travisato le parole del presidente Usa. Si sgonfiano quindi le aspettative alla vigilia dell’attesissima testimonianza al Congresso di James Comey: molti speravano che l’accento dell’inchiesta Russiagate si concentrasse sull’intralcio alla giustizia di cui Donald Trump si sarebbe macchiato cercando di bloccare le indagini sul coinvolgimento di Michael Flynn nella vicenda delle interferenze russe nelle elezioni dello scorso novembre. Ma sembra che l’audizione stia prendendo una piega diversa da quella prevista dai detrattori di Trump. Si sperava, da parte democratica, a ben diverse risposte di Comey alle domande dei senatori della commissione Intelligence sul suo licenziamento e su come Trump gli abbia chiesto di insabbiare l’inchiesta sull’ex consigliere per la Sicurezza Nazionale.