Caro Berlusconi, ora mantieni la promessa: mai con questo Pd
Bene ha fatto Silvio Berlusconi a dire che nei suoi progetti futuri non rientra l’accordo con il Pd. Speriamo solo che l’impegnativa dichiarazione non sia stata esclusivamente dettata da opportunità elettorali – i ballottaggi, si sa, incombono -, ma sia frutto di un’attenta analisi di quel che sta avvenendo in un Parlamento costretto legiferare sotto dettatura di Repubblica, il giornale-partito diretto da Mario Calabresi: ius soli, legalizzazione della cannabis, biotestamento, codice antimafia, tortura. Se l’elenco è mancante della riforma del processo penale, è solo perché è stata già approvata. Purtroppo. Una legge pessima che comprime i diritti della difesa, dilata i tempi della prescrizione, inasprisce le pene senza però compensare in termini di certezza della legge, rapidità dei processi, dimagrimento del contenzioso giudiziario. E siccome al peggio non c’è mai fine, ecco stagliarsi all’orizzonte la sagoma del nuovo codice antimafia, altra perla targata Pd, che estende l’istituto del sequestro preventivo ai patrimoni degli indagati per reati contro la pubblica amministrazione, peculato compreso. Attenti alle parole: parliamo di sequestri preventivi in danno di cittadini non ancora giudicati colpevoli, ma semplicemente indagati, e neppure per mafia. Tra le ipotesi di reato figura però la corruzione giudiziaria, imputazione che grava in capo a Berlusconi nel cosiddetto Ruby-ter. Vero è che la legge penale non è retroattiva, ma è altrettanto vero che quando di mezzo c’è il Cavaliere anche la più granitica delle certezze giuridiche – legge Severino docet – è destinata a sbriciolarsi. E quale migliore ricostituente per il partito di Renzi del drappo rosso dei guai giudiziari di Berlusconi agitato sotto le fumanti narici dei soliti indignati. Per il Pd è l’occasione per tornare centrale nelle strategie del partito delle procure, tanto più ora che il M5S – esaurito lo sciocchezzaio a base di scontrini, vitalizi e rimborsi-spese – annaspa tra i flop della Raggi, l’inesperienza della Appendino e i patetici tentativi di frullare alla cieca Almirante, Berlinguer e Fanfani. Non a caso, l’unica parte in cui eccellono in questa fase è quella del pesce in barile. Il Pd vuole approfittarne e non bada a spese, soprattutto perché non paga in proprio. Riforma del processo penale (fatta), codice antimafia e ius soli (presto su questo schermo) andranno presto in conto agli italiani, salvo le solite scuse del carnefice a babbo morto. No, caro Cavaliere, con questo Pd, mai e poi mai.