Padel Day, Gianfranco Nirdaci: «Il testimonial ideale? Papa Francesco»
Mentre si avvicina domenica 28 maggio – giorno in cui verrà giocato il Padel Day 2017, torneo nato per promuovere il padel e sostenere la ricerca di Airc, incontriamo Gianfranco Nirdaci, responsabile del Comitato Fit Paddle.
Da lui vorremmo sapere qualcosa di più su questa emergente disciplina sportiva – da molti definita lo sport del terzo millennio – e sui progetti federali. Gli rivolgeremo poi qualche domanda anche per conoscerlo meglio – lui che è a capo del soggetto istituzionale deputato alla crescita di uno sport che annovera tra i suoi praticanti personaggi dello spettacolo come Paolo Bonolis e Fausto Brizzi e campioni sportivi come Francesco Totti, Sara Errani e Rafael Nadal.
Per soddisfare questa nostra curiosità, vi anticipiamo una confidenza fattaci da Nirdaci al termine dell’intervista. Dopo averci detto di essere felice di parlare con noi di padel, perché sente il suo incarico non un lavoro nello sport, ma un servizio allo sport, ci confessa di essere un amante di tantissime discipline sportive, tra cui l’atletica. Per questo ogni anno gli organizzatori della maratona dell’Olgiata (luogo in cui abita) lo invitano. Gianfranco accetta, però, corre all’incontrario. Non è anti-conformista, solo non vuole fare la star tra gli sportivi…
Per non influenzarvi oltre, lasciamo spazio a domande e risposte, affinché possiate giudicare voi stessi.
Iniziamo con il chiarire un dubbio fondamentale per proseguire l’intervista. Si dice (e scrive) paddle o padel? La Fit usa paddle, ma altri in Italia (e fuori Italia) optano per padel. È una diversità accidentale o ricercata? Come mi devo comportare?
(Ride, ndr) Quando la Fit ha creato il comitato dedicato a questa disciplina, il padel già esisteva. Non era un bambino appena nato, ma un ragazzo già grande che aveva molti difetti. Per risolverli abbiamo allora provato a creare qualcosa di nuovo che rompesse con il passato. A partire dal nome. Tu, però, utilizza pure la versione che preferisci!
Qual è stata allora la ricetta della Fit Paddle per aiutare il padel (opto per questa versione del termine quando non riferita alla Fit) a svilupparsi nel nostro paese?
Sono stati quattro i fronti su cui abbiamo agito: impianti, aziende, competizioni e formazione.
Lato impianti: i costi di un campo da padel erano troppo alti. Ci siamo impegnati perché scendessero, coinvolgendo imprenditori e professionisti che conoscevamo. Aumentando il numero dei player nel settore è progressivamente diminuito il costo delle infrastrutture ed è stato più facile spronare i club a dotarsene. Fondamentale è stato poi il lavoro dell’associazionismo sportivo, capace di moltiplicare il numero di utilizzatori finali.
Abbiamo quindi agito direttamente sul fronte delle aziende, ma anche indirettamente. Ad esempio sostituendo le palline da tennis, con cui prima si giocavano i tornei, con quelle da padel. I produttori di queste ultime sono così diventati sponsor delle gare.
Sul versante competizioni abbiamo voluto dare un ordine. Al netto di tutti i tornei che venivano fatti, la FIT ha organizzato un circuito Slam in tutta Italia, strutturato su 10 appuntamenti, con tanto di montepremi e sponsor. Una piccola Champions League.
Oltre allo Slam abbiamo organizzato anche un Campionato italiano a squadre: erano 16 quando abbiamo iniziato ed oggi sono 120, suddivise nelle categorie A1, A2 e B – la C, a dimensione regionale, si aggiungerà nel 2018.
Infine, come Fit Paddle ci siamo occupati di formazione: abbiamo organizzato corsi per istruttori di primo e secondo livello. Da quest’anno aggiungiamo anche i maestri.
Ci sembra di capire che il lavoro sugli impianti sia stato fondamentale. Ma quanto costa costruire un campo da padel? Ci sono pratiche lunghe cui sottoporsi?
L’infrastruttura sportiva è fondamentale. Oggi il costo di un campo da padel si aggira intorno a 10.000 -12.000 euro, mentre prima si parlava quasi di più del doppio. Poi ovviamente il prezzo può salire a seconda della base su cui si vuol costruire. Creare un impianto sulla sabbia o su un ex campo da pallavolo fa la differenza. Così come per l’illuminazione … Fortunatamente, a fronte dell’investimento iniziale non ci sono poi grossi costi di manutenzione, come invece, accade per altri sport. Anche burocraticamente il percorso non è così accidentato.
Il calcio a 5 negli anni ’90 esplose perché le nostre città si popolarono di campi da calcetto. C’è chi pensa che possa essere così anche per il padel. Propongono, infatti, di far dotare i circoli di golf con campi dedicati al padel. È la soluzione da adottare?
Direi che è un’ipotesi tra tante. Non penso sia la soluzione principale. Per stimolare l’infrastruttura sportiva le Istituzioni giocano un ruolo fondamentale. Mi spiego meglio: la Fit ha creato un fondo rotativo con un plafond di 5 milioni a cui possono attingere coloro che vogliono, ad esempio, realizzare campi da padel. Le risorse vengono prestate a cinque anni e gli interessi sono pari a zero. Molte delle richieste pervenute alla Fit provengono proprio dalla nostra disciplina. Un fatto che vale più di tanti modelli teorici.
Ad oggi quali sono i numeri del padel?
Oggi contiamo 10.000 praticanti, di cui 3.000 tesserati Fit e 400 campi diffusi su tutto il territorio nazionale. Un terzo di questi ultimi, poi, si trova nel Lazio.
Tutto ci fa pensare che il trend di crescita possa proseguire nei prossimi anni. E non sono il solo a crederlo. Il presidente del Coni Giovanni Malagò, ad esempio, si è pubblicamente espresso, dicendosi convinto di poter vedere il padel alle Olimpiadi.
La fama del padel è anche dovuta al fatto che viene praticato da molti campioni del mondo del pallone, come Francesco Totti. Come mai? C’è qualcosa nel padel che lo accomuna al calcio o è una casualità?
È assolutamente una casualità. Il padel unisce caratteristiche di più discipline sportive, ma è unico, non assomiglia a nessuno. Direi che l’appassionarsi a questo gioco dipende dall’avere uno spirito atletico e dall’amare la competizione.
È uno sport adatto soprattutto agli uomini?
No, assolutamente no. Le caratteristiche tecniche lo rendono molto adatto anche alle donne. Ed, infatti, sono moltissime le praticanti. Una tra tutte – per citare una persona conosciuta – è Sara Errani, fortissima! Piuttosto direi che è più difficile trovare donne all’interno di tornei di padel. Come se la dimensione della competizione non interessasse loro…
Parliamo dell’evento nato in casa Asi e realizzato in collaborazione con la Fit Paddle: Padel Day 2017. Nasce all’interno del mondo amatoriale, trova il sostegno federale e ha uno scopo dichiaratamente sociale: aiutare Airc. Qual è il giudizio della Fit Paddle rispetto ad eventi come questo?
La Federazione è ben lieta di contribuire a manifestazioni legate alla solidarietà. Io lo sono a maggior ragione, poiché sono presidente di un’associazione onlus che si occupa di migliorare la condizione di bambini ricoverati in ospedali e dei loro familiari.
Per questo penso che la manifestazione sportiva Padel Day 2017 debba essere ripetuta anche i prossimi anni e inserita nel calendario FIT. E visto che sono un romantico, mi piacerebbe che alla sua realizzazione contribuissero tutti gli Enti di Promozione Sportiva. La solidarietà non deve avere bandiere.
Se potesse scegliere una persona che ad oggi non gioca a padel, ma che secondo lei sarebbe un perfetto testimonial, chi sceglierebbe?
Non vorrei sembrare esagerato, ma per ragioni diverse mi piacerebbe poter convincere Papa Francesco (ride, ndr).