L’Isis subentra ai talebani in Pakistan: 25 morti in assalto a un senatore
E’ per ora di almeno 25 morti il bilancio della forte esplosione avvenuta nel distretto di Mastung, nella provincia pakistana del Baluchistan. Lo riferisce la tv pakistana Geo che cita fonti mediche di Quetta, dove sono stati ricoverati 35 feriti. Tra i feriti c’è anche il vice presidente del Senato e segretario del partito Jamiat Ulema-e-Islam, Abdul Ghafoor Haideri. L’esplosione ha colpito il convoglio di Haideri nei pressi di una moschea al termine della preghiera del venerdì. Non è ancora chiaro cosa abbia provocato la deflagrazione: alcune fonti parlano di un attacco suicida, mentre altre riferiscono dell’esplosione di un ordigno. “Grazie a Dio sono vivo – ha detto alle tv locali Haideri, che ha riportato ferite lievi – sono stato colpito da frammenti di vetro del parabrezza dell’auto che si è rotto”. Il suo autista sarebbe tra le 25 vittime dell’esplosione. Il premier Nawaz Sharif e il ministro dell’Interno Chaudhry Nisar Ali Khan hanno condannato l’attacco. Poco dopo l’Isis ha rivendicato l’attacco. La rivendicazione è arrivata tramite Amaaq, l’organo di propaganda dell’Isis. La rivendicazione afferma che l’attacco è stato messo a segno da un attentatore suicida.
L’Isis ha rivendicato il crimine
“Un martire dello Stato islamico ha colpito con un giubbotto esplosivo il convoglio del vicepresidente del Senato del Pakistan, Abdul Ghafoor Haideri, nella località di Mastung, a sud della città di Quetta”, si legge nella rivendicazione diffusa da Amaaq. L’Is-Khorasan (il Khorasan nella propaganda del gruppo coincide con la regione a cavallo tra Afghanistan e Pakistan), è nato da una costola del movimento dei Talebani pakistani. I primi segnali della presenza dell’Isis in Pakistan risalgono alla fine del 2014 quando sul web è stato diffuso un video messaggio di donne e ragazze della madrasa Jamia Hafsa di Islamabad (una scuola coranica legata alla Moschea Rossa) rivolto al “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi e ai “nostri fratelli, i mujahiddin”. “Oh Allah, porta il regime del califfato islamico in Pakistan e ovunque nel mondo”, recitava il messaggio. In questi anni sono stati diversi gli attacchi in Pakistan su cui ha messo la firma l’Isis. Uno degli attentati più sanguinosi rivendicati dal gruppo in Pakistan è stata la strage dello scorso febbraio al santuario sufi di Lal Shahbaz Qalandar, nella provincia del Sindh, costata la vita a 88 persone.