La psicosi da droga (cannabis inclusa) dilaga tra i giovani: +40% in 5 anni
Esplosioni improvvise di violenza, allucinazioni, deliri persecutori. Un’unica “miccia” che accende la psicosi: l’uso di droghe, dalla cannabis alla cocaina. Si può finire in clinica psichiatrica anche a 16 anni – i minori che arrivano all’attenzione degli specialisti sono sempre di più – e poi è complicato tornare indietro, recuperare le funzioni perdute.
«Fenomeno ad alto impatto sociale»
«E’ un problema emergente, si può parlare di una diagnosi nuova, di psicosi indotta da sostanze. I casi sono in aumento: secondo i nostri dati, queste forme negli ultimi 5 anni sono aumentate di circa il 40 per cento», è l’allarme lanciato da Alfredo Carlo Altamura, direttore del Dipartimento di neuroscienze e salute mentale dell’Irccs policlinico di Milano e professore ordinario di psichiatria all’università Statale. Altamura ha discusso del tema della “psicosi da droghe” sui giovanissimi, da lui definito come «fenomeno ad alto impatto sociale», in occasione della settima edizione del Forum biennale internazionale “Innopsy” (Innovazione in psichiatria), che si sta tenendo in queste ore a Milano. «Abbiamo osservato due aspetti – ha spiegato l’esperto -: questi quadri psichiatrici si possono sviluppare anche a distanza di anni da quando si è fatto abuso di sostanze, e si innestano su una base di suscettibilità genetica, ma se non ci fosse l’uso di droghe non esploderebbero. Ecco perché è importante evidenziare l’impatto crescente della problematica».
Gli psichiatri: «La cannabis è più tossica che in passato»
Dietro i numeri sulle psicosi indotte ci sono storie drammatiche. Altamura ha citato quella di un 18enne che faceva uso di cannabis: «Si era convinto che la cameriera gli mettesse il veleno nelle minestre e l’ha aggredita con un coltello». Un messaggio indirizzato soprattutto a chi oggi parla di liberalizzazione: «La cannabis è più velenosa che in passato. Anche la concentrazione di tetraidrocannabinolo è aumentata». Lo specialista si è focalizzato sui giovani, «perché – ha spiegato – il cervello di un ragazzino è meno protetto rispetto all’adulto di fronte all’impatto di sostanze psicostimolanti, come la cocaina, ma anche la cannabis da sola. E l’uso quotidiano o regolare lascia il segno».