La legge elettorale rischia di saltare per le faide nel Pd: “no” di 31 orlandiani

30 Mag 2017 15:50 - di Eleonora Guerra
elettorale

Alla fine è stato lui stesso a smentire le indiscrezioni che lo volevano perplesso sula soglia di sbarramento al 5%: «Alcuni giornali hanno sostenuto che sono in disaccordo con il 5%. È esattamente il contrario, fosse per me la porterei all’8%…». Silvio Berlusconi certifica il suo via libera alla legge elettorale presentata dal Pd, aggiungendo che «penso che il proporzionale sia una cosa giusta, del resto in Germania dura da 70 anni».

Il sì di Berlusconi al “Tedeschellum”

Intervistato da Repubblica.it, dunque, il leader di Forza Italia ha sgombrato il campo da dubbi e indiscrezioni dell’ultim’ora, precisando che «in un Paese dove ci sono tre poli non si può applicare il maggioritario per evidenti ragioni». «Mi sembra che si stia andando verso una legge elettorale condivisa, come io ho sempre auspicato, e anche verso il sistema proporzionale che è un sistema di giustizia», ha quindi chiosato Berlusconi, in una giornata in cui, terminate le consultazioni con gli altri partiti, il Pd ha incassato una disponibilità di massima di tutte le maggiori forze parlamentari.

La fronda orlandiana minaccia guerriglia

A riaprire il fronte, però, ci ha pensato lo stesso Pd. O, almeno, ci ha pensato la minoranza interna degli orlandiani, che ora minaccia barricate in aula e guerriglia nei circoli. «Da iscritto e parlamentare del Pd, sento che un cambio di strada così strategico richiederebbe di ascoltare non solo i gruppi ma gli iscritti, visto che una delle ragioni costitutive del Pd è che è nato per il sistema maggioritario», ha detto Vannino Chiti nel corso di una conferenza stampa della fronda orlandiana, la quale ha anche fatto trapelare di essere orientata a declinare l’invito di Matteo Renzi a entrare nella nuova segreteria del partito.

Il «no» in un documento firmato da 31 senatori

La vicenda delle lotte interne al partito è tutt’altro che di poco conto nella partita della legge elettorale, soprattutto al Senato, dove ben un terzo dei parlamentari dem è contro la linea del segretario. Si tratta di 31 senatori che hanno redatto e sottoscritto un documento in cui, ponendo anche questioni sulla gestione del partito, si prende posizione contro il modello tedesco e le possibili conseguenze per la legislatura, vale a dire l’ipotesi di voto anticipato.

 

 

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