Emanuele Morganti, dal web parte la mobilitazione per avere giustizia

2 Mag 2017 10:22 - di Francesco Severini

Chi ha ucciso un mese fa in modo feroce e barbaro il ventenne Emanuele Morganti? Un branco di assassini o solo gli otto indagati per omicidio volontario (tre dei quali si trovano in carcere)? Il triste e tragico caso del ventenne di Tecchiena (Alatri) è ormai scomparso dalle cronache ma non dai cuori e dalle coscienze dei cittadini della Ciociaria e dei tanti italiani che seguono gli aggiornamenti sulle indagini attraverso il gruppo Fb Giustizia per Emanuele Morganti (cha ha lanciato anche una petizione su change.org) e attraverso il Blog di emanuelegiustizia. Proprio su Fb è nata la mobilitazione spontanea che ha portato decine e decine di persone ieri, 1 maggio, al cimitero di Frosinone. Un corteo silenzioso, un pellegrinaggio, per rendere omaggio a un ragazzo da tutti descritto come solare e generoso. Una presenza che è stata anche un atto di civiltà, per chiedere quella giustizia che spesso in Italia viene negata ad Abele per garantire troppo Caino… Molti sono venuti con un palloncino bianco. Altri hanno preparato striscioni. Altri hanno voluto conoscere e abbracciare la sorella di Emanuele, Melissa. 

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E’ stato un momento di commozione, come avvenuto per la messa del trigesimo, a Tecchiena, quando la madre del ragazzo ucciso ha preso la parola e ha invitato a pregare per le madri degli assassini. E proprio sul fronte delle indagini filtrano pochi aggiornamenti. Si esamina un tondino di ferro ritrovato sul luogo del pestaggio, si interrogano in modo pressante i buttafuori, è stata rintracciata la donna che i testimoni hanno visto sputare sul corpo a terra di Emanuele (la sorella di Michel Fortuna) la quale nega tutto. Il gioco del “nego tutto”  è una costante del caso Morganti. Tutti si affannano a dire che loro non lo hanno toccato. Che è stato qualcun altro. Qualcuno trova anche telecamere compiacenti per ripetere questa “verità”, che stride col racconto dei testimoni, i quali hanno restituito il quadro tribale e feroce di un vero e proprio linciaggio. Sul quale è bene sia fatta luce il più presto possibile, con pene esemplari che facciano sentire ai responsabili come per atti del genere non sia possibile alcuna forma di recupero. Ma la condanna maggiore deve essere quella di isolarli per sempre dal consorzio civile, che siano dentro o fuori dal carcere. 

 

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