Il Csm prepara il bastone per Zuccaro, nuove norme per i pm non allineati

4 Mag 2017 18:02 - di Paolo Lami

Il bastone. E la carota. O, meglio. Prima la carota. Poi il bastone.
Ufficialmente il Csm, l’organo di autogoverno dei magistrati, si impegna «ad offrire al procuratore Zuccaro ogni sostegno possibile, attingendo – dicono da palazzo dei Marescialli con quel linguaggio tortuoso e incomprensibile proprio di chi non vuol farsi capire – a tutte le risorse di cui dispone il Csm, compreso il ricorso ad eventuali applicazioni, affinchè le indagini condotte dalla Procura di Catania, così come quelle svolte da altri uffici requirenti sulle medesime ipotesi investigative, possano svolgersi con la massima efficacia e celerità». Ma, nella sostanza, a palazzo dei Marescialli si preparano a mettere mano ad una nuova regolamentazione per regolare le “esternazioni” dei magistrati. Se qualcuno decidesse di chiamarla “norma Zuccaro” non sarebbe molto lontano dalla realtà.
Perché la nuova regolamentazione che i membri del Csm vorrebbero varare si attaglia alla perfezione, come un vestito sartoriale di Caraceni, sull’esile figura del procuratore capo di Catania, finito improvvisamente nel tritacarne mediatico-politico per aver osato dire che alcune Ong – non tutte, ci ha tenuto a specificare Zuccaro – stanno pappa e ciccia con i mercanti di carne umana e con gli speculatori e i raider internazionali. Che, poi, stringi stringi, è la stessa cosa.
Eppure sono anni che dal “resistere, resistere, resistere” di borrelliana memoria pronunciato, dal procuratore capo di Milano, in maniera platealmente provocatoria nel suo ultimo discorso inaugurale dell’anno giudiziario – era il lontanissimo 2002 – allo sfrontato, recentissimo, affondo – stessa scuola di Borrelli – di Davigo «parlare con le sentenze? È come dire che dobbiamo stare zitti», la magistratura esterna con sovrabbondanza di terminologie esplosive e irritanti.
Perché, c’è da chiedersi, solo ora e solo perché un procuratore ha attaccato frontalmente il business degli immigrati e quello delle Ong, il Csm ha deciso di mettere mano alle esternazioni dei magistrati?
Cos’ha fatto di tanto grave Zuccaro da svegliare il sonnecchiante consesso? All’ultima sparata di Davigo, giusto un anno fa, per dire, il vicepresidente del Csm Legnini si limitò a registrare che «le dichiarazioni di Davigo rischiano di alimentare un conflitto di cui la magistratura e il Paese non hanno alcun bisogno». E ora? E ora, improvvisamente, il Csm sente l’impellente necessità di «dover affrontare con efficacia e urgenza» il tema del «dovere di riserbo e delle modalità di esercizio delle libertà di espressione da parte del singolo magistrato giudicante e requirente, anche nel contesto dei profili organizzativi della comunicazione istituzionale nell’ambito di ciascuno ufficio giudiziario».

Ci voleva insomma Zuccaro – e non già Borrelli nel 2002 o Davigo un anno fa o, ancora, le molteplici, pesanti, invasive, provocatorie esternazioni dei molti e molti magistrati, troppo spesso ideologizzati, che hanno dato fiato alle trombe in questi anni di sovraesposizione mediatica – per indurre il Csm a mettere un freno. E dunque se non si può chiamare “norma Zuccaro” questa…

Così, ora, il Comitato di presidenza di palazzo dei Marescialli ha deciso di disporre l’assegnazione di due pratiche. Una alla Settima Commissione, che, normalmente, si occupa dell’organizzazione degli uffici giudiziari, «per definire con urgenza linee guida per i rapporti dei magistrati con i media e per le comunicazioni istituzionale degli uffici giudiziari». L’altra pratica planerà sul tavolo della Sesta Commissione – che si occupa di corruzione e contrasto alle organizzazioni mafiose e terroristiche, «per delineare eventuali ipotesi di disciplina normativa, tali da consentire all’organo di autogoverno di intervenire con efficacia, equanimità e tempestività, di fronte a condotte ed esternazioni di magistrati, che si caratterizzano per gravi ed evidenti violazioni dei canoni di moderazione, continenza e riserbo in un equilibrato rapporto con i mezzi di comunicazione». E qui, ben nascosto fra le paludate frasi, c’è il bastone.

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