Vietato ricordare Farinacci: a pochi giorni dal 25 aprile l’Italia si conferma spaccata a metà
Tra una manciata di giorni, esattamente il 28 aprile, ricorrerà l’anniversario della morte del gerarca fascista Roberto Farinacci, e come ogni anno e ad ogni solennizzazione di una figura storica che si rispetti, sono state chieste le autorizzazioni a celebrare il ricordo e a omaggiare la memoria del defunto, con una funzione religiosa nel camposanto di Cremona, dove l’ex gerarca è sepolto. Ma non c’è pace, per lui, né per la sua memoria: e infatti, la richiesta della rituale commemorazione storica e celebrazione religiosa è stata doppiamente bocciata: dalla Curia e dall’amministrazione comunale della città.
Farinacci, commemorazione negata da Curia e Comune
O meglio: come scriveva ieri il Corriere della sera, “sì al ricordo di Roberto Farinacci, ma non davanti alla sua lapide”. E così, la ricorrenza della morte del gerarca di Cremona, fucilato dai partigiani a Vimercate il 28 aprile 1945, torna a contrapporre due parti del Belpaese: da un lato i nostalgici del Ventennio; dall’altra Comune e Curia, che dovrebbero raccogliere e rispettare le loro istanze, come quelle di tutti. Per questo, ancora una volta Gian Alberto D’Angelo, portavoce del Comitato onoranze funebri caduti della Repubblica sociale italiana, è tornato a chiedere al sindaco il permesso di poter celebrare una funzione religiosa nel camposanto di Cremona, dove Farinacci riposa in pace. Ma il sindaco, Gianluca Galimberti (centrosinistra), non ha concesso l’autorizzazione specificando, come riportato in un esaustivo servizio dal Corriere della sera, che «la cerimonia dovrà svolgersi esclusivamente all’interno della cappella del Civico cimitero. Saranno vietati simboli, gesti e canti che costituiscano apologia di fascismo… che la polizia locale vigilerà sul rispetto della legge>>. Insomma, richiesta rispedita al mittente e in assetto da guerriglia pure.
Un sacerdote si era detto disponibile, poi…
L’avvertimento (minaccioso?) non ha però spaventato i proseliti del rito commemorativo che, niente affatto demoralizzati, hanno replicato: «Ci saremo con le nostre bandiere, i nostri vessilli e i nostri inni… Dopo la messa in chiesa, andremo a salutare romanamente Farinacci e chi ha combattuto per la Rsi». Forti anche di un importante precedente, raccontato proprio dallo stesso D’Angelo e riportato dal Corriere: «Abbiamo contattato un sacerdote che era disponibile a pregare dove Farinacci e gli altri camerati riposano, ma la Curia non ha voluto». Poi, al diniego ecclesiastico si è aggiunto quello civico, istituzionalizzato con il rifiuto da parte del primo cittadino di Cremona di concedere a sua volta l’autorizzazione alla cerimonia davanti alla lapide del defunto.
Quello stanco (e inaccettabile) rituale dell’esclusione
E così, si ripete lo stanco rituale dell'”esclusione”. Da un alto con la Chiesa che ignora gli assassini dei cristiani, rifiutandosi perfino di chiamarli per quello che sono – terroristi islamici – e che continua a non riuscire a perdonare quelli che, invece, i cristiani li difesero: per esempio nella guerra civile spagnola…Dall’altro, con il disconoscimento civile reiterato e ufficializzato senza remore di metà del Paese e della sua memoria storica. Così facendo, al di là di cerimoniali e cori patriottici, di dichiarazioni istituzionali e visite diplomatiche in omaggio a date e ricorrenze, simboli e vessilli, si continua a perpetuare l’immagine di un’Italia divisa in figli, e figli di un dio minore, in vittime di sempre e carnefici di una sola parte. E il diritto al cerimoniale sacro e al ricordo profano, omaggiato con la conferma del diniego alla benedizione in cimitero arrivato oltre che dalla Diocesi, anche in sede civile dal sindaco di centrosinistra di Cremona, Gianluca Galimberti, continuano a valere solo per una parte del Paese: e con l’avvicinarsi del 25 aprile forse non stupisce più, ma continua a ferire comunque molto. Ancora.