Venticinque anni fa le dimissioni di Cossiga, il presidente picconatore (VIDEO)
Il 25 aprile ricorrono i 25 anni dalle dimissioni di Francesco Cossiga dalla presidenza della Repubblica. Un gesto simbolico e raro nel nostro Paese, di un capo di Stato che ha lasciato il segno e che è stato a lungo il nemico pubblico numero uno dei comunisti italiani. Celebre la sua definizione dell’allora segretario del Pds, Achille Occhetto, come di uno “zombie con i baffi”.
Cossiga e il discorso cancellato dal sito del Quirinale
Con un discorso televisivo a rete unificate che durerà complessivamente 45 minuti, Cossiga annuncia la scelta di lasciare il Quirinale, in anticipo rispetto alla scadenza naturale fissata per il successivo 3 luglio. È il momento culminante di due anni che hanno visto il Capo dello Stato uscire dal riserbo che aveva caratterizzato i primi cinque del mandato e rendersi protagonista di una serie di esternazioni, per spingere la classe politica ad attuare riforme radicali non più rinviabili, dopo i cambiamenti epocali verificatisi alla fine degli anni Ottanta, a partire dalla caduta del Muro di Berlino. «Talvolta ho gridato – ricorda Cossiga nel suo messaggio agli italiani – ma se ho gridato è perché soltanto temevo di non farmi sentire». Quel discorso, per ragioni sconosciute, non è reperibile sui siti internet né tantomeno sul sito ufficiale del Quirinale.
Cossiga, nemico delle toghe rosse
Non a caso ben presto si parlerà di picconate e di picconatore per descrivere gli interventi del Presidente della Repubblica, proprio per i toni forti, nella forma e nella sostanza, che in certi casi diventano accorati, tanta è la volontà di far capire che nuovi assetti politico-istituzionali debbono sostituire quelli che per 50 anni si sono fondati sugli equilibri prodottisi dopo la fine della seconda guerra mondiale.
La profezia di Cossiga sulla Ue: “Così non può andare”
Nel suo discorso Cossiga tracciò un’analisi spietata sulla situazione del Paese, che a distanza di 25 anni appare premonitrice e rimane purtroppo particolarmente attuale: 25 anni fa parlò di «gravi ed importanti problemi da affrontare e da risolvere: i nostri appuntamenti con l’Europa, perché Maastricht non è soltanto il nome di una bella cittadina dei Paesi Bassi, non è solo il nome di un Trattato, Maastricht non è qualcosa che noi abbiamo raggiunto, un risultato che noi abbiamo conseguito, è un obiettivo che dobbiamo guadagnare e che non è facile guadagnare, non un esame superato, un esame solo rimandato e che ci sarà fatto secondo prove sicure e prove difficili».
L’auspicio inascoltato di Cossiga: “Lavorate insieme per il bene dell’Italia”
Il Capo dello Stato concluse il suo discorso con un ultimo accorato appello: «Questo è un Paese che non sarà una grande potenza politica, che non sarà una grande potenza militare, forse questa è una benedizione di Dio, ma che è un Paese di grande cultura, di grande storia, è un Paese di immense energie morali, civili, religiose e materiali. Si tratta di saperle mettere assieme e si tratta di fondare delle istituzioni che facciano sì che lo sforzo di ognuno vada a vantaggio di tutti. Che Dio protegga l’Italia, viva l’Italia, viva la Repubblica».