Turchia, Erdogan punta tutto sul referendum: «Ataturk? Voterebbe “sì”»
Domenica si terrà un referendum cruciale per il futuro della Turchia, qualunque sarà il risultato: dopo mesi turbolenti a livello politico, domenica gli elettori turchi sono chiamati alle urne per decidere le sorti della riforma che prevede il passaggio al sistema presidenziale. Dovranno esprimersi sugli emendamenti che assegnano maggiori poteri al presidente, a Recep Tayyip Erdogan che non ha mai archiviato il sogno di diventare un super-presidente e che punta a un ruolo centrale nello scenario regionale. “Uno Stato, una Nazione, una bandiera, un Paese”, è lo slogan ripetuto come un mantra dalla campagna del “sì”. Che, secondo
gli ultimi sondaggi, sarebbe avanti, anche se di poco, con una percentuale compresa tra il 51 ed il 52%. Il capo di Stato, in barba al suo ruolo super partes, come fece Obama, ha dominato la scena politica negli ultimi mesi, occupando tutti gli spazi disponibili, rilasciando interviste a raffica e partecipando a comizi in tutto il Paese, attaccando con veemenza tutti i suoi avversari, reali o presunti, fino ad arrivare agli attacchi all’Europa, a minacciare la revisione dell’accordo sui clandestini e a evocare un referendum sui negoziati di adesione con l’Ue pur restando il desiderio di mantenere intatti i rapporti economici.
Erdogan vorrebbe la pena capitale in Turchia
Nei discorsi, pieni di retorica nazionalista, Erdogan ha evocato anche il ripristino della pena di morte, abolita nel 2014. Sono finiti nel mirino del presidente i curdi (ago della bilancia alle elezioni del 2015), i golpisti, i sostenitori del movimento guidato dall’imam Fethullah Gulen, che Ankara accusa di essere stato l’ispiratore del tentativo di golpe dello scorso 15 luglio. Dal fallito colpo di stato sono 47mila le persone arrestate perché sospettate di far parte del movimento di Gulen e da allora sono circa 140mila in tutto le persone finite in manette, rimosse o sospese dall’incarico. Erdogan se l’è presa anche con i media: i giornalisti
in carcere in Turchia sono 152 (secondo le denunce delle opposizioni) e circa 200 sono gli organi d’informazione che sono stati chiusi negli ultimi mesi. L’esito del voto significherà per Erdogan un rafforzamento senza precedenti nella sua storia ai vertici della Turchia. Ai rivali, che hanno messo in guardia dal rischio dell’uomo solo al comando, Erdogan ha risposto sostenendo che Mustafa Kemal Ataturk, il fondatore della Turchia moderna, avrebbe votato “sì” al referendum.
Turchia, in oltre 55 milioni al voto
Sono 55,3 milioni gli aventi diritto. Nella parte orientale del Paese si potrà votare dalle 7 alle 16 (le 15 Italia); nel resto della Turchia i seggi resteranno aperti dalle 8 alle 17. Non c’è una domanda, gli elettori sono invitati a votare “sì” (“evet”, a sinistra, su sfondo bianco) o “no” (“hayir”, a destra, su sfondo marrone) apponendo un timbro sulla scelta preferita. La scheda viene poi imbustata e inserita nell’urna. Ai cinque principali partiti è concesso avere un rappresentante di lista per il monitoraggio – al fianco dei funzionari della Commissione elettorale – delle operazioni di voto e dello spoglio in ogni seggio. Gli osservatori devono convalidare il risultato del conteggio dei voti in ogni seggio prima che le schede elettorali vengano trasferite presso la sede regionale della Commissione elettorale dove i risultati vengono inseriti in un sistema computerizzato e inviati alla sede centrale di Ankara sotto la supervisione di rappresentanti dell’Akp e dei partiti di opposizione.