La graphic novel su Ramelli. Gli autori: facciamo memoria, non vittimismo
Chi era Sergio Ramelli? Come viveva questo ragazzo ucciso a 18 anni per le sue idee politiche? Quali erano i suoi sogni e le sue aspettative di adolescente nella Milano degli anni Settanta? La saggistica che ha raccontato la storia di Ramelli – e delle altre vittime di destra di quegli anni – ha in parte risposto a queste domande. Ma mai prima d’ora quelle storie erano state raccontate con la potenza delle immagini. È questa la sfida che si è assunta la casa editrice Ferrogallico, la prima a proporre su quelle vicende una collana di graphic novel o, per dirla come si sarebbe detto un tempo, di fumetti.
L’albo su Sergio Ramelli in libreria il 29 aprile
Il primo albo di questa nuova esperienza editoriale sarà proprio quello dedicato a Ramelli, scritto dallo stesso editore di Ferrogallo Marco Carucci. Sergio Ramelli – Quando uccidere un fascista non era reato sarà disponibile nelle librerie Mondadori nel giorno esatto del 42esimo anniversario della morte del ragazzo: il 29 aprile. A partire da maggio, poi, sarà anche in tutte le fumetterie della distribuzione Panini. Dunque, l’opera (che tale può essere definita a pieno titolo sia per la qualità della sceneggiatura che per quella delle tavole della disegnatrice Paola Ramella) si rivolge a un pubblico vasto e non solo a quella comunità militante che finora si è assunta il compito della memoria, continuando a incontrare, pur a decenni di distanza, mille ostilità: la commemorazione di Ramelli a Milano è sempre, e quest’anno non fa eccezione, oggetto di strali e denunce da parte dell’antifascismo militante, Anpi in testa.
«Non un martire, ma un militante consapevole»
«Non possiamo scegliere tra violenza e non violenza, possiamo solo scegliere il tipo di violenza»: nella novella Carucci lo fa dire a un militante di Avanguardia operaia, la formazione da cui partì il commando che uccise Ramelli, colpendolo con una spranga sotto casa e consegnandolo a una agonia di 48 giorni prima che sopraggiungesse la morte. Per Carucci oggi quella violenza è ancora «l’abito» di certa sinistra, quella che non uccide più a sprangate, ma che tenta di farlo annullando l’uomo, cancellandone la dignità, prima di tutto delle idee. Nella storia edita da Ferrogallico, invece, Ramelli ritrova tutta la sua dignità di ragazzo pieno di vita e, insieme, di «militante consapevole». Non è «né un santino, né un martire», come ha spiegato Carucci, ma un giovanissimo uomo consapevole delle sue scelte.
Un anno di lavoro, 144 tavole, oltre mille vignette
Così Ramelli torna a vivere in un racconto per immagini, fatto di 144 tavole e oltre mille vignette. Un’opera che ha richiesto oltre un anno di lavorazione e che porta con sé un paradosso: Paola Ramella ha avuto moltissimo materiale fotografico a cui attingere, ma solo tre foto per restituire un volto e un corpo a Sergio Ramelli. E anche questo è un grande vuoto riempito dallo strumento della graphic novel, che è prima di tutto la storia di Sergio, ma anche la «storia archetipica – ha detto ancora Carucci – di una generazione di ragazzi che impegnarono coraggio e sacrificio per una coerenza ideale». Come per Ramelli, anche per gli altri protagonisti degli albi che verranno – da Acca Larenzia a Primavalle – la scelta di Ferrogallico, spiegata dal responsabile della comunicazione, Federico Goglio, è stata di tenersi alla larga da un approccio vittimistico. «Volevamo mettere in scena per immagini – ha spiegato Goglio – storie che possono essere testimonianze culturali». Non «ricordi» e nemmeno «omaggi», dunque, ma atti di «memoria», perché «il ricordo è un fatto privato, la memoria – ha sottolineato Carucci – è un fatto pubblico».
Il ricordo di La Russa
E che si tratti di storie di una intera generazione lo ha ricordato anche Ignazio La Russa, che ha fortemente voluto la presentazione dell’albo su Sergio Ramelli nella sede istituzionale della sala stampa della Camera. La Russa fu avvocato di parte civile nel processo contro gli assassini di Ramelli. «Tecnicamente – ha ricordato – difendevo la mamma (la signora Anita, scomparsa alla fine del 2013, ndr), ma in realtà si trattava di una intera generazione». Per La Russa, allora come oggi, la morte di Sergio Ramelli reclamava «verità». Per Ramelli, in qualche modo, quella verità arrivò grazie all’ostinazione del giudice Guido Salvini, che oggi firma la prefazione della graphic novel e che allora riuscì prima a impedire la prescrizione e poi a inchiodare i colpevoli alle proprie responsabilità. Ma in sede di processo emerse, come dato ufficiale, anche un’altra verità importante: in quel periodo le aggressioni accertate subite dai militanti di destra sotto casa furono 250, mentre quelle dello stesso tipo subite dai militanti di sinistra «ammontavano – ha ricordato La Russa – a zero».
«Abbiamo ancora l’obbligo di cercare la verità»
Ma se per l’omicidio Ramelli gli esecutori materiali furono individuati, ancora oggi manca la ricostruzione di tutta quella rete di connivenze e coperture dentro cui questo e altri delitti maturarono e che fa dire a La Russa che è ancora tempo di chiedere la verità. Per questo, da deputato, avrebbe voluto organizzare un incontro alla Camera in cui invitare il giudice Salvini e magari un esponente della sinistra «più estrema» di allora come Giuliano Pisapia, «per affrontare da più angolazioni come una generazione sia stata indotta a scannarsi da chi voleva mantenere saldamente il potere, nella migliore delle ipotesi non facendo niente e nella peggiore provocando l’incancrenirsi dello scontro». Per ora quell’appuntamento è saltato per via di impegni precedenti di Salvini, che comunque ha già partecipato a un dibattito a Milano, e, soprattutto, di Pisapia. Ma La Russa fa capire di non voler demordere.