Crac dell’Interporto Romano, nei guai Pierino Tulli, finanziatore degli ex-Ds
Era già salito più volte all’onore delle cronache politiche, giudiziarie e sportive. Si scarica l’ennesima tegola su Pierino Tulli, settantaseienne ex-edicolante inventatosi funambolico imprenditore vicino ai Ds ora Pd che aveva ufficialmente finanziato nel 2004, titolare di cariche in diverse società travolte dai debiti, attenzionato dalla Consip per gli appalti milionari alla Camera dei Deputati, accusato, in passato, dalla Procura di Roma di diversi reati, autore di un (fallito) tentativo di scalata della Lazio per contendere la squadra biancoceleste a Lotito e di un tentativo (riuscito) di mettere le mani sulla terza squadra di Roma, la Lodigiani, .
E’ questo e molto altro ancora l’ex-patron di Cisco Italia – società di facchinaggio e pulizie – e di Gesconet, accusata perfino di caporalato, per il quale la Procura di Roma ha oggi emesso un’avviso di conclusione indagini preliminari, notificato anche ad altre undici persone, responsabili, secondo il Comando Provinciale della guardia di Finanza di Roma ed i magistrati capitolini, del fallimento della Interporto Romano SpA, azienda impegnata nella realizzazione di una piattaforma logistico-intermodale nel Comune di Fiumicino che avrebbe dovuto fornire servizi di integrazione dei trasporti tra l’area Cargo-city dell’aeroporto di Fiumicino, la linea ferroviaria Roma-Pisa, lo svincolo autostradale A12 Roma- Civitavecchia ed il Porto di Civitavecchia.
Intendiamoci. Non è che una cosa del genere toglie il sonno a uno che s’è visto accusare, nel corso degli anni, di diversi reati societari e fallimentari.
Durante gli accertamenti investigativi, svolti dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria della Capitale, è stata ricostruita la gestione amministrativa e contabile della fallita Interporto Romano SpA, dalla sua costituzione – avvenuta nel 2005 ad opera della CIRF SpA – Consorzio Interporto Roma Fiumicino SpA – appartenente al Gruppo Ifitel, riconducibile allo stesso Tulli, fino alla dichiarazione di fallimento del luglio 2014.
Ulteriori approfondimenti hanno messo in luce diversi episodi di dissipazione e distrazione dei beni della fallita Interporto Romano SpA, commessi anche attraverso la redazione di bilanci d’esercizio che non riportavano la reale condizione economica e finanziaria dell’azienda, per un ammontare complessivo di circa 47 milioni di euro – a tanto ammonta il crac – di cui oltre 25 milioni impiegati nella realizzazione di una serie di capannoni a servizio della piattaforma logistico-intermodale di Fiumicino.
Secondo i magistrati romani, gli indagati erano, a vario titolo, consapevoli che quei capannoni non avrebbero mai potuto generare ricavi poiché irrimediabilmente tarati da tutta una serie di gravi difetti di progettazione e costruzione, il tutto aggravato dai fenomeni di cedimento del terreno argilloso e inadatto a quel tipo di costruzioni, manifestatisi fin dal giugno 2006. Alcuni degli indagati avrebbero, comunque, proseguito l’attività di costruzione ben sapendo che quei capannoni stavano giorno dopo giorno sprofondando nel terreno argilloso. Di qui l’accusa, propria della bancarotta fraudolenta, di distrazione di fondi.
Oltre un milione di euro è stato, poi, distratto tra sponsorizzazioni inesistenti, servizi amministrativi, consulenze, servizi di pulizia e sicurezza non documentati. Duecentomila euro, mai deliberati, sarebbero stati erogati dall’azienda sotto la voce compensi all’amministratore.
Di qui l’avviso di conclusione delle indagini preliminari notificato, al termine dell’attività d’indagine, a Tulli, in qualità di Presidente pro tempore del Consiglio di Amministrazione, nonché ad altri undici persone fra componenti del CdA e del collegio sindacale. della Interporto Romano SpA.