Alitalia vola verso il baratro, Poletti esclude la nazionalizzazione

25 Apr 2017 20:03 - di Robert Perdicchi

La partita a scacchi è già iniziata, sulla pelle dei lavoratori. L’Alitalia che si rammarica per l’esito del referendum e avvia le procedure per il commissariamento, propedeutiche alla liquidazione, i sindacati che chiedono l’intervento del governo e Palazzo Chigi che per voce del ministro del Lavoro Poletti esclude ipotesi di nazionalizzazione e al massimo promette ammortizzatori sociali.

All’indomani della netta e clamorosa vittoria del no alla consultazione sul pre-accordo firmato il 14 aprile scorso,  il Cda di Alitalia ha deciso di attivare le procedure previste dalla legge, dal momento che la ricapitalizzazione  da 2 miliardi di euro rimane al palo, essendo venuta meno la condizione posta dagli azionisti per iniettare nuove risorse finanziarie. Pur non specificando la compagnia, nella sua nota  ufficiale, quale iter abbia intrapreso, quella che si concretizza è la prospettiva dell’amministrazione straordinaria con il ricorso alla  legge Marzano.

La patata bollente tra Alitalia e governo

La parola spetta ora ai soci di Alitalia. L’assemblea è stata convocata per dopodomani ma, verosimilmente, il giorno delle decisioni dovrebbe essere il 2 maggio prossimo. Intanto, il presidente di Alitalia, Luca Cordero di Montezemolo, ha comunicato ufficialmente al  presidente dell’Enac Vito Riggio la decisione del cda della compagnia aerea di avviare la procedura per la nomina del Commissario. L’Enac ha preso atto che, al momento, esistono le condizioni per il mantenimento della piena operatività di Alitalia, su cui continuerà a mantenere la propria vigilanza istituzionale in base alla normativa europea vigente. I tempi sono però stretti: Riggio ha avvertito che l’ente da lui presieduto è disponibile a lasciare il certificato di operatore di  trasporto aereo (Coa) fino alla nomina del Commissario che dovrà avvenire nei prossimi due -tre giorni. E già girano i primi nomi, con il presidente designato Luigi Gubitosi, considerato un candidato naturale, ed Enrico Laghi, già commissario Ilva.

Slitta poi, riferiscono fonti sindacali, la riunione al Mise, inizialmente convocata per domani per una valutazione dell’esito del referendum. La riunione è stata ora rinviata alla prossima settimana e, comunque, dopo le riunioni degli organi deliberanti di Alitalia. L’esito del voto dei lavoratori è stato al centro del board di Alitalia, riunitosi nella tarda mattinata. Una riunione che, contrariamente alle attese, non si è svolta presso la sede del quartier generale della compagnia. La sede è rimasta segreta e, nel day after del verdetto shock del referendum, la cittadella del volo di
Fiumicino si presentava silenziosa e deserta, avvolta da un clima surreale.

Il “rammarico” dell’azienda per il referendum

Il cda, ha riferito la nota della compagnia, “ha preso atto con rammarico della decisione dei propri dipendenti di non approvare il  verbale di confronto firmato il 14 aprile tra l’azienda e le rappresentanze sindacali”. Un sì, ha sottolineato la compagnia,  “avrebbe sbloccato un aumento di capitale da 2 miliardi, compresi oltre 900 milioni di nuova finanza, che sarebbero stati utilizzati per  il rilancio della compagnia”. E, ha aggiunto, “data l’impossibilità di procedere alla ricapitalizzazione, il Consiglio ha deciso di avviare  le procedure previste dalla legge e ha convocato un’assemblea dei soci per il 27 aprile al fine di deliberare sulle stesse”.

Profondamente rammaricato per il risultato del voto l’azionista di  minoranza Etihad. È ” una sconfitta per tutti: i dipendenti di Alitalia, i suoi clienti, i suoi azionisti, e lo stesso Paese, di cui Alitalia è un ambasciatore in tutto il mondo”, ha commentato James Hogan, presidente e amministratore delegato di Etihad Aviation Group e
vicepresidente di Alitalia. “Come azionisti di minoranza in Alitalia, supportiamo la decisione odierna del Consiglio di Amministrazione di convocare un’Assemblea dei soci per il 27 di aprile per avviare le procedure previste dalla legge”.

Le preoccupazioni dei sindacati

Nel giro di poche giorni e di poche ore, quello che  sembrava uno spettro, il commissariamento, è diventato una realtà con cui fare i conti da subito. “È una situazione difficile e complicata. Ma noi speriamo che il commissariamento di Alitalia sia la strada per un nuovo piano industriale credibile e per un rilancio della nostra compagnia, coinvolgendo anche tutti i dipendenti di Alitalia attraverso una partecipazione responsabile alle scelte dell’azienda e valorizzando tutte professionalità’ presenti nella compagnia”, dichiara il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, convinta della necessità di preservare un asset strategico del Paese e di scongiurare la chiusura di Alitalia o la sua vendita. “Oggi il tema è come provare a salvare una compagnia aerea dove ci sono 12 mila persone ma anche molte migliaia negli aeroporti che lavorano per Alitalia”, dice il segretario nazionale della Filt Cgil Nino Cortorillo.

L’Usb, la sigla sindacale paladina del fronte del no, torna alla carica chiedendo la nazionalizzazione. “Se il governo e le forze politiche si dichiarano oggi contrarie a questa ipotesi non è certo per questioni economiche, ma per ragioni ideologiche e di difesa di un sistema e di una gestione del paese che sta facendo acqua da tutte le parti e che sta distruggendo una dopo l’altra le aziende italiane”.

Poletti: “Escludiamo la nazionalizzazione di Alitalia”

Il Governo, però, chiude decisamente la porta. “Se qualcuno pensa alla nazionalizzazione, è esclusa”, scandisce il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, ai microfoni di Sky Tg24. Indicazione chiara anche dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. “La cosa più plausibile è che si vada verso un breve periodo di amministrazione straordinaria che si potrà concludere nel giro di 6 mesi o con una vendita parziale o totale degli asset di Alitalia oppure con la  liquidazione”.

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