1977, pessima annata. Passamonti, Giorgiana Masi, le bombe contro il Msi

21 Apr 2017 15:58 - di Antonio Pannullo

Caso strano del destino, oggi largo Settimio Passamonti è a un isolato di distanza da via del Volsci, dove negli anni Settanta era la sede di uno dei collettivi extraparlamentari di sinistra più “duri” dell’Autonomia operaia romana. Settimio Passamonti era un allievo sottufficiale della scuola di polizia di Nettuno che proprio 40 anni fa, il 21 aprile 1977, fu mandato insieme ad altri suoi commilitoni, come carne da macello ad affrontare le bande dell’Autonomia operaia che in quel periodo scatenavano gravissimi disordini in tutta Italia, e in particolare a Roma. Perché carne da macello? Perché Passamonti e i suoi colleghi della scuola di Nettuno non avevano neanche la pistola di ordinanza, né giubbotti antiproiettile, nulla. Erano stati portati col pullman da Nettuno a Roma, e dovevano ancora prestare giuramento. Quando i violenti dell’Autonomia spararono contro la polizia, come facevano sempre, Passamonti, che aveva appena 23 anni, rimase ucciso, e altri due suoi colleghi feriti. Quel giorno fu ferito anche un carabiniere e una giornalista americana, tale Patricia Bernier, che era andata davanti ai cancelli della Sapienza incuriosita dai disordini e che fu colpita a un polpaccio dai proiettili sparati dagli autonomi e che ebbe 60 giorni di prognosi. Secondo le testimonianze dell’epoca, la polizia si apprestava a sgomberare l’università occupata dai violenti dei collettivi, quando questi iniziarono a sparare contro le forze dell’ordine in scontri che durarono ore, co bombe carta, auto incendiate, vetri spaccati. Diciamo subito che il ragazzo vestito di nero che da dietro una Fiat 500 azzurra uccise Passamonti, non fu mai identificato. Il giorno successivo il governo vieta tutte le manifestazioni nel Lazio per un mese e il ministro dell’Interno Francesco Cossiga annuncia il provvedimento alla stampa pronunciando la famosa frase: «Deve finire il tempo dei figli dei contadini meridionali uccisi dai figli della borghesia romana». All’ateneo di Bologna la notizia della morte di Passamonti fu accolta con applausi dai collettivi. Nel 1977 vi furono circa duemila attentati delle formazioni extraparlamentari di sinistra in Italia, e non passava settimana che una sezione o militanti del Msi non fossero bersagliati da colpi di arma da fuoco. Ad esempio, il 10 febbraio, la sezione del Msi di Monte Mario fu assalita da un gruppo di autonomi. dopo l’assalto, la polizia trovò sul terreno oltre 200 bossoli esplosi dagli autonomi.

Nel 1977 le solite bombe comunista al congresso del Msi

Va ricordato che le Brigate Rosse, i Nuclei Armati Proletari, Prima Linea, movimenti terroristi ai quali molti autonomi guardavano con simpatia, erano attivissimi in quell’epoca: a gennaio le Br aveva rapito l’armatore Pietro Costa, a febbraio avevano fatto evadere di galera Prospero Gallinari, Maria Pia Vianale e Franca Maria Salerno. Sempre a gennaio bombe firmate dai Nuovi Partigiani avevano fatto esploder eil Palazzo dei Congressi all’Eur dove si sarebbe dovuto tenere il congresso del Msi, che poi fu trasferito al Midas in via Aurelia. A febbraio ci furono, sempre all’università di Roma, durissimi scontri con gli attivisti del Fuan, l’organizzazione universitaria del Msi, scontri durante i quali due esponenti dell’autonomia furono feriti, uno gravemente, da colpi di pistola. Il giorno dopo l’Autonomia in corteo assalta la sede del Fronte della Gioventù di via Sommacampagna: nel corso degli scontri rimasero feriti due comunisti e un poliziotto in borghese, sceso da una 127 bianca, tutti da colpi di arma da fuoco. L’Autonomia, come la polizia, aveva a disposizione le pistole e le usava, come testimoniano le decine di giovani missini assassinati in quegli anni e che mai hanno avuto giustizia. Le sinistre in quell’occasione parlarono di “squadre speciali di Cossiga”, ossia di poliziotti in borghese con una sorta di “licenza di uccidere”. Se sono esistite davvero, queste squadre devono essere responsabili dell’omicidio di Alberto Giaquinto a Centocelle e di altri giovani estremisti di destra uccisi in presunti “scontri a fuoco” con le forze dell’ordine. Andiamo avanti: quello che infiamma la piazza di sinistra avviene l’11 marzo a Bologna, quando nel corso dei consueti e frequenti scontri tra polizia e autonomia, viene ucciso il giovane comunista Francesco Lo Russo, da un colpo di pistola proveniente dalla parte dove erano schierati i carabinieri. Ma altre testimonianze diranno di aver visto anche un uomo in borghese sparare contro gli autonomi. Un carabiniere confessò di aver effettivamente sparato alcuni colpi, ma fu prosciolto in quanto non si poté sapere se fossero stati proprio i suoi colpi a uccidere il giovane. Sempre a marzo, i Nap uccidono l’agente Claudio Graziosi, di 21 anni, che aveva riconosciuto la Vianale su un autobus a Roma. Nella caccia all’uomo che seguì, la polizia uccise per errore una guardia zoofila armata che inseguiva i nappisti pistola in pugno. Il 12 maggio successivo, poi, verrà uccisa dalla polizia Giorgiana Masi, una ragazza 18enne che era andata alla manifestazione che i Radicali avevano indetto sfidando il divieto di Cossiga. Nemmeno il suo assassino fu mai scoperto, sebbene Cossiga negasse che il co9lpo fosse partito dalle forze dell’ordine, sostenendo piuttosto l’ipotesi che la Masi fosse stata uccisa da “fuoco amico”, giacché molti autonomi erano presenti alla manifestazione. Ma le sinistre hanno sempre sostenuto il contrario, che cioè fossero state proprio le forze dell’ordine a sparare: certo è che molti poliziotti armati della polizia politica si erano infiltrati tra gli autonomi. La storia di Settimio Passamonti ha una coda: una mano anonima, durante la notte, fece un cerchio con la vernice spray intorno alla macchia di sangue versato da Passamonti scrivendo:”Qui è caduto un carrubo, il compagno Lorusso è vendicato”. Solo che Passamonti non era un carrubo, era un poliziotto.

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