Vaticano, Ravasi: «Le donne si affermino per competenze e non per “quote”»
C’è il rischio che l’8 marzo resti una data “fine a se stessa”. Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, riflette sul significato della giornata nella quale si festeggiano le donne. Il porporato, che oggi ha presentato in Vaticano le trentasette donne che compongono la Consulta femminile all’interno del dicastero vaticano che si occupa di Cultura, fa una premessa: «I diritti sono ormai affermati, dichiarati e, nel tempo in cui viviamo, mi sembra già una grande conquista».
Fatta questa premessa, il porporato avverte: «Ora che i diritti sono affermati, è necessario declinarli nel concreto. E qui ci sono ancora troppe ambiguità».
Ravasi: c’è ancora molto da lavorare per le donne
Ravasi chiarisce subito di non condividere il meccanismo delle quote rosa fine a se stesso: «Devo dire che non sono per nulla entusiasta del meccanismo delle quote rosa. Anche la Consulta femminile non l’ho voluta sull’onda di recriminazioni o per un intervento di cosmesi e neppure per concedere qualcosa alle quote rosa». In tutti gli ambiti, evidenzia il “ministro” della Cultura del Vaticano, «l’accesso alle carriere deve essere consentito a tutti, ritrovando la categoria della reciprocità e permettendo l’affermazione delle reali competenze. O si fanno danni». E poi ancora: «In un mondo dove ancora si impone il monologo maschile c’è ancora da lavorare parecchio per permettere l’affermazione delle donne in base alle competenze che hanno. Diversamente, anche l’8 marzo, come tutti i simboli che si appannano, rimarrà una data fine a se stessa».