Un giudice a Firenze riconosce l’adozione gay. “Ignorato” il Parlamento
Neanche la legge Cirinnà sulle unioni civili ha legittimato la “stepchild adoption“, il riconoscimento da parte di una coppia di gay del figlio nato a uno dei due da una precedente relazione (tranne che in casi eccezionali) o adottato precedentemente, eppure i giudici in Italia continuano ad emettere sentenze che di fatto liberalizzano questa opzione. Accade così anche a Firenze, dove secondo l’associazione Rete Lenford, l’Avvocatura per i diritti Lgbt, sarebbe stata per la prima volta riconosciuta in Italia l’adozione di minori all’estero da parte di una coppia di uomini. «Il Tribunale per i minorenni di Firenze con decreto pubblicato ieri, ha accolto la richiesta di riconoscimento dell’adozione di due bambini, tra loro fratelli, pronunciata da parte di una Corte britannica a favore di una coppia di uomini», è scritto in una nota. I due papà, entrambi italiani, da tempo residenti nel Regno Unito, si sono rivolti ad Avvocatura per i diritti Lgbti – Rete Lenford per ottenere in Italia la trascrizione dei provvedimenti emessi dall’autorità straniera a cui consegue per i figli il riconoscimento della cittadinanza italiana e del medesimo status e dei medesimi diritti riconosciuti nel Regno Unito. Il Tribunale di Firenze, con un’articolata motivazione, secondo l’associazione, ha accolto integralmente le richieste.
Gay, una sentenza in linea con la Cassazione
Il Tribunale di Firenze ha recepito una recente sentenza della Corte di Cassazione sulla trascrivibilità in Italia dell’atto di nascita di un bambino nato da due donne in Spagna, una cittadina spagnola e l’altra italiana, ritenendo che esso “non è enucleabile esclusivamente sulla base dell’assetto ordinamentale interno, ma è da intendersi come complesso di principi ricavabili dalla nostra Costituzione e dai Trattati Internazionale cui l’Italia ha aderito e che hanno ai sensi dell’art. 117 Costituzione lo stesso rango nel sistema delle fonti della costituzione”. Peraltro, aggiungono i giudici fiorentini, la sussistenza dei requisiti ex art. 36 comma 4, esclude una valutazione discrezionale da parte dell’autorità giudiziaria italiana. Non di meno si sottolinea come dalla documentazione prodotta sia emerso che “si tratta di una vera e propria famiglia e di un rapporto di filiazione in pena regola che come tale va pienamente tutelato”.
E il Parlamento? E le leggi italiane? Ignorate, ma non è certo la prima volta e la sentenza sembra tutt’altro che storica: era accaduto già lo scorso anno, a Roma, in quel caso per due donne. Solo che ogni volta si ricomincia col battage mediatico…