Trump, spoil system nei ministeri. Ma i liberal gridano al complotto

20 Mar 2017 16:25 - di Paolo Lami

L’accusa arriva dal solito Washington Post che l’ha giurata a Trump fin dal primo momento in cui il tycoon ha osato scendere in campo contro le elite liberal. Un reato di lesa maestà, quello del miliardario, che per il più importante giornale della capitale degli Stati Uniti è imperdonabile. Di qui gli attacchi, praticamente quotidiani, contro Trump. L’ultimo in ordine di tempo è, appunto, quello di aver “infiltrato” – mai come in questo caso le parole hanno un peso – alcuni suoi consiglieri nei vari ministeri. Per che fare? Secondo il Washington Post, i cui giornalisti oramai vedono complotti dappertutto quando si parla dell’odiato Trump,  per spiare i ministri e assicurarsi della loro lealtà quotidiana al miliardario.
Macché, replicano dallo staff di Trump, «quando si insedia una nuova amministrazione, con l’avvicendamento tra i due partiti con politiche differenti» questa è «una cosa intelligente da fare». Insomma un semplicissimo spoil system. Come hanno fatto, prima di Trump, Obama,  e Clinton.

E’ chiaro che nei ministeri ci sono, come dirigenti apicali, i fedelissimi dell’ex-presidente Obama. Che potrebbero puntare i piedi o, comunque, mandare alla lunghe certe decisioni. Ma non è solo questa la questione. C’è anche un problema di carattere organizzativo e di raccordo fra la Casa Bianca e i vari dicasteri. Di qui la decisione di affiancare negli staff propri consulenti che trasferiscono, direttamente, le informazioni alla Casa Bianca. Uno staff di coordinamento che risponde a criteri di efficenza e velocità decisionale.

La maggior parte dei ministri del governo Trump non hanno ancora nominato i vice segretari e completato la squadra, accusa il Washington Post, ma la Casa Bianca ha “infiltrato” nei Dipartimenti una serie di consiglieri politici. Che hanno principalmente il compito, secondo i giornalisti del quotidiano di Jeff Bezos, di controllare la lealtà dei ministri nei confronti di Donald Trump.

Un’organizzazione di coordinamento che, sempre secondo WP, avrebbe creato frizioni. Citando una fonte anonima – quindi tutta da verificare – i giornalisti fanno l’esempio del consigliere incaricato di controllare Scott Pruit, capo dell’Epa, l’agenzia dell’Ambiente. Che, secondo la fonte anonima, sarebbe stato allontanato dalle riunioni dello staff dal segretario indispettito dall’insistenza dei suoi consigli non richiesti.

Sedici, al momento, gli “ufficiali di collegamento” della Casa Bianca che rispondono a Trump dai vari Dipartimenti e che hanno gli uffici posti regolarmente al fianco di quelli dei ministri. Una posizione strategica. Ma che non implica un rapporto di subordinazione ai ministri proprio perché gli “ufficiali di collegamento” di Trump rispondono direttamente all’Office of Cabinet Affairs della Casa Bianca, guidato dal vice capo dello staff, Rick Dearborn.

E a questo ufficio vengono centralizzate le riunione, che si svolgono in conference call con cadenza settimanale, che i coordinatori rispondono per garantire un  dialogo efficiente tra agenzie e Casa Bianca. E anche per evitare, molto probabilmente, che qualche dirigente fedele alla vecchia amministrazione liberal “dreni” la politica repubblicana del neo-presidente.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *