L’attentatore di Orly era sotto l’effetto di alcol e droga. Il racconto del padre
L’uomo che ha aggredito una militare sabato scorso all’aeroporto di Orly prima di essere ucciso era sotto l’effetto di droga e alcol. È quanto mostrano i risultati dell’autopsia sul corpo di Ziyed Ben Belgacem, lo rendono noto i media francesi, citando fonti investigative. Le analisi del sangue hanno infatti mostrato un tasso di alcolemia di 0,93 grammi per litro, livello doppio di quello consentito in Francia per la guida, e hanno indicato che l’uomo aveva fatto uso di cannabis e cocaina.
Orly, parla il padre dell’attentatore
Come riporta Repubblica, Ziyed Ben Belgacem, 39 anni, francese con genitori tunisini, pregiudicato comune con precedenti per furti, rapine e spaccio di stupefacenti, era stato condannato a più riprese. Uscito di carcere lo scorso novembre, era in libertà vigilata. «Mio figlio non è mai stato un terrorista – ha detto il padre di Belgacem – non ha mai pregato e beveva alcol. E quello che è successo è stato fatto sotto l’effetto dell’alcol e della droga».
«Quello che è successo è terribile»
L’uomo, si legge ancora su Repubblica, ha raccontato alla polizia che il figlio lo ha chiamato al telefono sabato mattina, poco prima di arrivare all’aeroporto di Orly e dopo avere sparato a un agente a un posto di blocco: «Mi ha chiamato verso le sette o le otto di mattina di sabato – ha detto in un’intervista all’emittente France1 – era estremamente nervoso, nemmeno sua madre riusciva a capire cosa dicesse. Mi ha detto: “papa” ho fatto una sciocchezza, ho sparato a un agente, ti chiedo perodono”. Io gli ho risposto che non lo perdonavo per avere sparato ad un gendarme e gli ho chiesto dove fosse, mi ha risposto che era sull’autostrada e ha chiuso». A quel punto l’uomo, assieme all’altro figlio, si è presentato spontaneamente alla polizia. «Mi sono subito reso conto che avevano fatto il loro lavoro, ma non mi hanno detto direttamente che era morto. È terribile – ha concluso l’uomo – ma cosa posso dire? La droga, le cattive compagnie. Alla fine chi soffre sono io».