La “bufala” dell’olio di palma: è un attacco commerciale ma c’è chi ci crede
Da alcuni mesi assistiamo a questa ennesima bufala mediatica scatenata non si sa da chi né perché,contro l’olio di palma. Siamo abituati a propalazione improvvisa di menzogne su scala globale sui più svariati argomenti, subito irresponsabilmente e morbosamente rilanciate sul web e sui media. Ma questa sull’olio di palma non ha alcun fondamento scientifico. E ciò rende ancora più grave il fatto che le maggiori aziende alimentari si preoccupino di evidenziare sui loro spot pubblicitari la dicitura “senza olio di palma”. Ciò vuol dire, a rifletterci un momento, che le grandi aziende alimentari hanno la sola preoccupazione di compiacere il consumatore nella sua fobia irrazionale di questo o quel componente. In pratica, lo stanno prendendo in giro, anche perché non dovrebbero scrivere cosa non contiene il loro prodotto, ma cosa contiene. Sì, perché spesso nelle merendine o biscottini vari al posto dell’olio di palma ci sono componenti nocive – queste davvero – ma le aziende si guardano bene dal menzionarli. Non sappiamo esattamente quando sia nata la favola dell’olio di palma dannosa, ma certo è stata una macchinazione ben studiata e divulgata, purtroppo con la complicità di grandi giornali, cui è seguita subito la presa di posizione di aziende evidentemente più interessate al profitto che alla verità dei fatti. Non intendiamo in questa sede aprire un dibattito scientifico sulla dannosità dell’olio di palma: non è dannoso, anzi, e chiunque ne voglia sapere di più può consultare il sito del ministero della Salute e qualsiasi pubblicazione scientifica seria. Per semplificare, diremo che è come il burro, non se ne deve abusare. Ma il vantaggio è che la palma da olio rende sette volte di più di altre piante con i cui olii si vorrebbe sostituire l’olio di palma nei prodotti commestibili. Come possono spiegare i chimici, altri olii vegetali, oggi utilizzati in molti prodotti, sono infinitamente dannosi.
Il coraggio della Ferrero sull’olio di palma
L’unica azienda che ha rifiutato di omologarsi a questa vulgata antiscientifica e un po’ fondamentalista contro l’olio di palma è stata la Ferrero, produttrice della Nutella, che per la sua celebre crema di nocciola utilizza l’olio di palma. Quando partì la campagna terrorista contro l’olio di palma, la Nutella perse qualche punto percentuale nelle vendita, ma quando attuò la sua controffensiva, spiegando come e perché l’olio di palma non è pericoloso né danneggia l’ambiente, la Nutella ha riconquistato posizioni di mercato. Sulla salute abbiamo già detto, sulla sostenibilità ambientale la Ferrero ha spiegato e documentato di servirsi solo da aziende che abbiano piantagioni certifcate, ossia che non abbiano recato danno all’ambiente né contribuito alla deforestazione. Deforestazione che indubbiamente c’è, ma che non è ascrivibile in alcun modo alle palme da olio che anzi, ribadiamo, rendono più di altre coltivazioni analoghe. In alcuni Paesi del Sudest asiatico, ad esempio, da dove proviene la grande maggioranza dell’olio di palma, decine di milioni di persone lavorano – e quindi vivono – in questo settore produttivo. Vi sono istituti scientifici e statali che si occupano di vigilare in ogni nazione sull’impatto di questa coltivazione sull’ambiente, istituti che contestano decisamente le false notizie diffuse sull’olio di palma. Resta da chiedersi come mai e soprattutto per quale motivo sia partita questa campagna diffamatoria e infondata. Ma siamo propensi a credere che ci sia una ben precisa questione commerciale dietro, come accade in tutte le bufale pseudo scientifiche. Speriamo di saperne di più nei prossimi mesi.