Jobs Act, è flop. L’Inps: «Crollano i rapporti di lavoro a tempo indeterminato»
Jobs Act, ormai è flop conclamato. Quella che, secondo Renzi e i corifei del potere, doveva essere la riforma principe per rilanciare il lavoro in Italia, si sta rivelando ben poca cosa. Dopo il fallimento della riforma costituzionale, l’ex premier colleziona quindi un altro grave insuccesso. A patirne le conseguenze sono soprattutto i giovani, le famiglie, l’intera società italiana. Sono stati persi anni preziosi per varare una seria politica sul fronte del lavoro.
È l’Inps a offrire l’immagine impietosa della politica sociale renziana. Sono infatti ammontati a 340.149, al netto delle cessazioni, i nuovi contratti di lavoro stipulati nel 2016, poco più della metà di quelli registrati nel 2015 che aveva chiuso a 627.569.
Il dato più preoccupante riguarda il crollo dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato: questi hanno chiuso l’anno a quota 82.917 contro i 934mila registrati invece nel 2015: 851mila in meno dunque a causa del progressivo scomparire della decontribuzione. In calo anche le cessazioni (-3,1%) mentre i licenziamenti restano stabili.
La progressiva consistente riduzione della decontribuzione dunque ha inciso sui numeri del 2016, nel corso del
quale comunque le assunzioni con esonero contributivo biennale sono state 414.000 e 203.000 le trasformazioni di rapporti a termine, che beneficiano del medesimo incentivo: Il totale è di 617.000 rapporti di lavoro agevolati che rappresentano, annota ancora l’Inps, il 37,5% del totale delle assunzioni/trasformazioni a tempo indeterminato. Nel 2015 il rapporto era stato del 60,8%.
Quanto alle retribuzioni l’Inps registra, per le assunzioni a tempo indeterminato intervenute nel 2016, una riduzione della quota di retribuzioni inferiori a 1.750 euro, che passa dal 60,6% del 2014 e del 2015 al 57,3% del 2016. Si tratta di una tendenza registrata anche nei mesi precedenti.