Euroscettici, arrivano Frexit e Nexit: ma le destre italiane cosa aspettano?

7 Feb 2017 18:11 - di Antonio Pannullo

“Con me, fuori dall’Unione europea e dalla Nato”, dice Marine Le Pen, che nei sondaggi per le presidenziali francesi è in testa, almeno al primo turno. E nell’ultimo anno la geografia europea dell’euroscetticismo è profondamente cambiata, benché non si possa leggere in essa uno sviluppo coerente. Vale a dire, non c’è un’indicazione certa dell’euroscetticismo, né geografica, né politica, né di altro tipo. Chiariamo con un esempio: due Paesi molto simili, fondatori della organizzazione europea, per giunta vicini, come Belgio e Olanda, sulla Ue hanno opinioni diversissime: in Olanda il movimento Nexit (Nederland exit) è molto forte, mentre il Belgio è scarsamente sensibile a queste pulsioni. Così come accade tra Spagna e Portogallo, dove i lusitani non sono per nulla attratti dalle lusinghe dell’uscita. Così come la Slovenia, che non avverte i problemi legati alla Ue. L‘Italia, da parte sua, come sempre li avverte solo a chiacchiere, perché nessun partito ha mai parlato seriamente di Exitalia o ha mai istituito una commissione di tecnici per sapere quanto costerebbe e cosa bisognerebbe concretamente fare per uscire dall’Unione. C’è da tenere presente che l’abbandono della Ue non è patrimonio solo delle destre, perché se queste avvertono come problemi la crisi economica e l’invasione disordinata e illegale dei clandestini, le sinistre sono sensibili all’austerity, con conseguente crisi occupazionale, legata alla crisi economica. Insomma, pare che la Ue abbia i mesi contati.

Da marzo una serie elezioni che vedono le destre favorite

Nei Paesi membri dell’Unione, che sono 28, i partiti euroscettici e populisti sono 91, e sono presenti in 24 nazioni. Dal 2010 a oggi, il loro peso è raddoppiato. La prova del nove si avrà a marzo, quando si voterà in Olanda, dove il Partito per la Libertà (Pvv) di Geert WIlders, che oggi ha il 12 per cento, è dato dai sondaggi ai primi posti. In caso di vittoria, Wilders, che nel suo Paese ha subito processo per presunta islamofobia, ha già dichiarato che avvierà le procedure per la Nexit. E il mese dopo, il 23 aprile, si voterà per il primo turno delle presidenziali in Francia, dove quasi certamente Marine Le Pen entrerà per il ballottaggio, ripetendo l’exploit inaspettato di suo padre Jean-Marie del 2002, quando batté il candidato della sinistra Lionel Jospin e si confrontò con Jaques Chirac. Per il secondo turno, temiamo seriamente che si ripeterò lo scenario del 2002, quando tutti i giornali, le istituzioni, persino la chiesa, scatenarono una campagna di denigrazione contro Le Pen, e sulla sua presunta “pericolosità”, e convincendo persino le sinistre ad andare a votare per l’odiato Jacques Chirac, fino al giorno prima loro peggior nemico: così vedemmo i comunisti, i socialisti, i radicali francesi andare come tanti cagnolini alle urne per votare il candidato del centrodestra. A meno di sorprese, il cartello dei politicamente corretti ripeterà anche stavolta la campagna liberticida e fuorviante contro Marine Le Pen. E in autunno ci saranno le elezioni federali tedesche dove, anche qui a sorpresa poiché la Germania è considerata un Paese europeista (anche perché è quella che ci ha guadagnato di più) la Merkel se la dovrà vedere con l’avanzata significativa dell’Alternative fuer Deutschaland di Frauke Petry. Per quanto riguarda gli altri Paesi europei, ricordiamo che in quattro di questi i partiti euroscettici (anche se non tutti populisti) sono già al governo: accade in Grecia, Ungheria, Polonia e Finlandia. E ci sono anche partiti populisti che non sono però euroscettici, come ad esempio in Irlanda, Repubblica ceca e Bulgaria. Per quanto riguarda i partiti di sinistra di questo tipo, essi amano definirsi non euroscettici ma eurocritici. Contenti loro… Secondo i dati della Fondazione David Hume, in alcune nazioni la forza dei partiti populisti ed euroscettici si avvicina al 50 per cento: è il caso di Ungheria, Irlanda, Grecia e Bulgaria, mentre in altre nazioni sono pressoché assenti, come a Malta, in Slovenia o Lussemburgo. In Italia tali partiti si avvicinano al 30 per cento, nella media dell’Unione. Ma in Italia ancora nessun partito ha mai affrontato seriamente la questione. Seriamente vuol dire costituire un comitato di esperti e lanciare una raccolta di firme. Finché le destre non capiranno questo, in Italia sono destinate a restare dove sono.

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