Di Maio contro le «fake news». Ma sorvola sul suo ruolo nel caso Marra-Romeo
Si è detto «sbalordito» dalla «sequela di invenzioni» che fioccano sul suo conto. «Ultima in ordine di arrivo che non abbia versato le quote d’iscrizione all’Ordine dei giornalisti degli ultimi due anni: falso». Dopo le polemiche con l’Ordine, al quale è iscritto come pubblicista, Luigi Di Maio non ci sta a sentirsi dire che è moroso e affida a queste parole la sua smentita.
La polemica con l’Ordine dei giornalisti
«Bastava farmi una telefonata e avrei dimostrato l’infondatezza di questa affermazione», ha aggiunto. Epperò, visto il clima generale che regna tra il vicepresidente della Camera e i “colleghi” giornalisti, stupisce un po’ che Di Maio non abbia voluto fugare ogni possibile dubbio pubblicando, contestualmente alla smentita, le ricevute dei pagamenti o il tesserino regolarmente timbrato per tutti gli anni in questione. Magari sulla sua pagina Facebook, dove invece, appena due giorni fa, aveva ritenuto di pubblicare i nomi dei giornalisti che, a suo dire, sarebbero responsabili di una «campagna diffamatoria» contro il M5s.
Di Maio e «l’affaire» Campidoglio
Ancora di più, però, stupisce che, mentre si sofferma diffusamente sulla questione dei pagamenti e delle polemiche con l’Odg, Di Maio faccia un passaggio brevissimo sull’altra presunta “fake news” che lo riguarda e che si trova nelle cronache politiche di giornata: il suo ruolo «nell’affaire che portò all’affermazione del duo Marra-Romeo». «Così di Maio sigillò l’intesa che ha consegnato Roma ai “quattro amici al bar”», è il titolo di un articolo di Repubblica. A questo argomento il vicepresidente della Camera e premier in pectore del M5s dedica appena una dozzina di parole, dicendo che «si continua a creare retroscena inesistenti sul mio ruolo nelle vicende del Campidoglio». Eppure, dal punto di vista politico, la questione ha tutt’altro peso specifico rispetto alla eventuale dimenticanza di versare le quote all’Ordine dei giornalisti.
Da “Repubblica” una ricostruzione dettagliata
Il fatto è che Repubblica ricostruisce il ruolo di Di Maio nell’affermazione e nella difesa della coppia Romeo-Marra con una tale dovizia di particolari da riferire non solo le date, ma perfino gli orari delle sue entrate in scena con un ruolo da protagonista. «Una scena madre che ricostruiscono con Repubblica tre diverse fonti qualificate», si legge nell’articolo, che prosegue spiegando che «è una scena il cui protagonista – Di Maio – tenterà di ripulire da ogni traccia che porti a lui». Ma anche una scena «che lo insegue da allora come un fantasma. Che in quel mese d’agosto lo ha obbligato a mentire sulla iscrizione nel registro degli indagati dell’assessore all’Ambiente Paola Muraro. E lo convince a dissimulare, fino alla rovinosa caduta di Raffaele Marra, la sostanza del rapporto tra la sindaca, Marra e Romeo».
Quella notte del 31 agosto
Ma cosa è accaduto in quel 31 agosto? Di Maio ha dato, scrive Repubblica, «il via libera al doppio sacrificio umano – la cacciata dal Campidoglio dell’assessore al Bilancio Marcello Minenna e del capo di Gabinetto Carla Raineri – che ai quattro (Virginia Raggi, Daniele Frongi, Raffaele Marra e Salvatore Romeo, ndr) dà mani libere». Un passaggio di cui Repubblica fornisce perfino il riferimento orario: «Tra le due e le quattro del mattino». Ecco, contro questa puntuale e lunga ricostruzione di Repubblica, Di Maio nella sua dichiarazioni contro le «invenzioni» che lo lasciano «sbalordito» dedica appena tredici parole, preposizioni e articoli compresi. Tornando poi subito sulla questione giornalisti.
Tutta colpa degli «editori impuri»?
«Spiace veramente che si continui a parlare di liste di proscrizione», ha precisato ancora Di Maio a proposito della sua lettera, aggiungendo che «mi è stato chiesto dal presidente dell’Ordine dei giornalisti di segnalare i passaggi a mio avviso falsi e diffamatori. Non ho scritto una lettera segreta, ma aperta. Questa ora diventa una lista di proscrizione, senza che nessuno entri nel merito delle mie segnalazioni. Il mio desiderio è di un giornalismo che sia animato da volontà sincera d’inchiesta e non da gossip al soldo di editori impuri».