Teatro, storia e geopolitica/ In scena “Afghanistan, il grande gioco”

16 Gen 2017 12:22 - di Marco Valle

Parte dal Teatro dell’Elfo di Milano, il prossimo 17 gennaio, la tournée di  Afghanistan, il Grande gioco, la versione italiana di The Great Game, l’importante affresco teatrale — che riprende significativamente la celebre definizione di Kipling —   del Tricycle Theatre di Londra dedicato al labirinto asiatico. Un successo mondiale, che dall’aprile 2009 riempie le sale inglesi e americane. Il generale David Richards, già comandante di Enduring Freedom, l’ha talmente apprezzato da obbligare il personale del Pentagono, i reduci e i soldati in partenza per il fronte ad assistere allo spettacolo. «Se l’avessi visto prima, scrisse sul Times il 3 agosto 2010, sarei stato un generale migliore».

Il progetto nasce dai lavori di tredici autori britannici sulla storia travagliata dell’Afghanistan —  micidiale “tomba degli imperi” e vero rompicapo geopolitico — attraverso tre capitoli suddivisi in 13 stazioni: Invasione e indipendenza 1842 – 1930, Il comunismo, i Mujahedin e i Talebani 1979 – 1996 e Enduring Freedom 1996 – 2010.

Vista l’imponenza della rappresentazione, i registi Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani hanno scelto di spezzare il lavoro in due parti proponendo al pubblico italiano inizialmente i testi di Stephen Jeffreys (Trombettieri alle porte di Jalalabad), Ron Hutchinson (La linea di Durand) e Joy Wilkinson (Questo è il momento) che riguardano il periodo 1842 – 1930 assieme ai capitoli di Lee Blessing (Legna per il fuoco) e David Greig (Minigonne di Kabul) imperniati sul periodo 1979 – 1996. I capitoli sui talebani e su Enduring Freedom saranno allestiti l’anno prossimo.

«Il primo atto, Trombettieri alle porte di Jalalabad di Stephen Jeffreys – racconta Bruni – è la storia di quattro trombettieri che scrutano l’orizzonte: il figlio del khan ha promesso agli inglesi un ritiro in pace, ma su 16 mila uomini ne arriveranno in India solo 70, gli altri verranno trucidati. È metafora e parabola del disastro: questa terra è una trappola geografica dalla quale non puoi più uscire». L’ultimo capitolo in scena quest’anno è Minigonne di Kabul di David Greig, un ritratto della Kabul laica e pacifica degli anni Sessanta, una città frequentata da occidentali in cerca d’esotismo e da hippies vogliosi di “sballo”. Sullo sfondo la tragica parabola di Najibullah, l’ultimo leader comunista afghano, catturato dopo il ritiro dei sovietici e massacrato senza pietà dai talebani.

Un consiglio. Per comprendere e approfondire l’argomento due libri fondamentali: Il ritorno di un re di William Dalrymple (Adelphi, 2015) e Afghanistan, il grande gioco di Eugenio Di Rienzo (Salerno, 2014). Buona lettura…

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